giovedì 18 febbraio 2010

ELISIR D'AMORE per il "vivere" prima del "fare".

In piazza i vecchi stanno chini
senza dolcezza o ira.
Il giorno porge il fondo
e si ritira.
Tutti (….)
stanno chiusi nell’armadio
e portano in giro
una controfigura,
un sosia deprimente,
un lampadario
(…..)
Al mio paese si è vivi fino a sei anni
e dopo gli ottanta.

di franco arminio


-Abbiamo perso l’amico, si dice in questo secolo. .

-No, il nemico, dice una voce, sul finire di questo stesso secolo.

Ed entrambi parlano del politico, ecco quel che vorremmo ricordare

Noi lavoriamo per pensare ad un nuovo tipo di comunità.
Non una comunità anacoretica di quelli che amano allontanarsi, di singolarità solitarie con vocazioni a ritirarsi in una sorta di slegamento sociale senza appartenenze e legami.
Non siamo per una ‘singolarità” qualunque in nome di una identità comune al di la della forma in cui essa sia modulata.
La esperienza della Comunità Provvisoria, di Cairano, la ricerca conoscitiva della “paesologia” rispecchia lo spirito leggero, provvisorio, creativo, che vuole espressamente evitare finalità,modelli,formalismi già consumati nel passato.”
"Un luogo per chi ha due minuti tra le dita per sè”. Un luogo dove si possa comunicare e “conversare non sotto il peso delle nostre parole e dove si possa passeggiare con la naturalezza e la leggerezza di un passero sopra il ramo” . Dove viviamo la vita e …noi che ci conficchiamo in essa istante per istante”…Nell’impazzare ‘ideologico’ dell’uomo del fare come il ‘passepartout’ di tutte le pigrizie,le lentezze,arretratezze di un umanesimo che confligge con una idea di modernità che ci vede non solo sospettosi ma contrariati e resistenti.

La nostra parola magica e ….è inoperosità comunitaria . Se abbiamo scelto la parola «comunità», ci accorgiamo che essa è riconducibile, in definitiva, ad un duplice senso: ciò che è in comune ed essere-in-comune.
L’essere-in-comune rappresenta la modalità di esistenza del libero individuo che partecipa direttamente, insieme agli altri, a ciò che è in comune.
L’essere-in-comune è appunto riferito ai componenti della comunità. Ma gli stessi componenti, sebbene fondamentali per l’esistenza della comunità, possono essere gli artefici di un ribaltamento dialettico un cambiamento di visione che li deve condurre da una modalità disgregativa a una aggregativa. È una dimensione plurale della comunità in cui la “molteplicità” fa intravedere una dimensione in cui la persona non è separata dalla vita, o da se stessa, ma coincide con essa in un sinolo inscindibile di forma e forza, di esterno e d’interno, in cui il soggetto è finalmente norma a se stesso e non deve nulla ad istanze trascendentali o trascendenti. In altre parole, un unicum, o singolarità, che coniuga il singolare e il plurale nella stessa persona..
Ed ecco allora il paradigma o la categoria originale e diversa della provvisorietà e ….della inoperosità. L’improduttivo spazio e tempo dell’inoperoso non è delimitabile da un opaco dispositivo di miscelazione di desideri arcani, pulsioni di fuga, resistenze inerziali, eremitaggi esistenziali, silenzi e rifiuti assoluti, immobilismi estremi. Volendo far uso di un lessico più squisitamente filosofico, possiamo peculiarmente qualificare l’inoperoso come la prevalenza dello stare dell’essere sul divenire dell’essere: esso è il sottrarsi giocato contro l’esporsi. In tal senso, è la faccia speculare del potere: l’abbandono simmetrico alla cattura.
Noi vorremmo scongiurare l’abbandono delle emigrazioni,le fughe nella propria autosufficienza intellettuale o sociale,la cattura nelle neoideologie postmoderne del “fare” come variabile indipendente della producibilità umana universale e necessaria.Dobbiamo pensare per non disperare che possa esistere o essere pensata una possibile nuovo modo di fare economia.Si parla di economia ‘noetica’. Una possibile nuova situazione in cui le visioni, i miraggi, le speranze segrete e inconfessabili, le introflessioni integrali, i mutismi e gli arresti incondizionati, le resistenze estreme e l’estrema inarticolazione dell’inoperoso diventano la prassi possibile per vivere e pensare “i piccoli paesi” dell’abbandono, e dei “terremoti”,delle emergenze o delle urgenze naturali o meccaniche.
Essa, grazie alla sua razionalità metapoietica, fa dell’inespresso,del fantasioso,del sogno e del non pianificabile il suo oggetto perspicuo, che non lega le proprie sortie le sue finalità alla esplosione consumistica e sublimazione riproduttiva . L’inespresso e l’inarticolato non necessariamente devono essere letti nell’ottica sublimato, modificato e riprodotto. Attenti e sospettosi che anche l’inoperosità può essere trasformata in mercato operoso che mette in scena il fantasmagorico teatro della fruizione consumistica dell’inespresso.
Che l’inerzialità, l’inespressività e l’inappagabilità dei desideri possono diventano sempre riproducibili, attraverso sequenze/figure immaginifiche: replicanti che si spacciano per mutanti. In queste condizioni inedite e nuove rifiutarsi di pensare che non v’è alcuna speranza di poter ingabbiare anche l’inoperosità nel ciclo o della salvezza o nell’orizzonte della linea di fuga.
Anche per questo scriviamo in questo Blog e ci prepariamo per Cairano!
Primun vivere deinde …….philosofare e ….. fare!

mauro orlando*


(*Presidente - "provvissoriamente" - Onorario "Comunità RNCD")

http://elisiramore.blogspot.com/?zx=4a5332346f596954


http://comunitaprovvisoria.wordpress.com/

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