giovedì 29 marzo 2012

"IL DNA SI TELETRASPORTA"

Anni fa lessi il bellissimo libro di Igor Sibaldi Il Codice Segreto del Vangelo di San Giovanni che consiglio tutti di leggere.




Il risultato è sconvolgente: riportato nella sua forma originaria da Igor Sibaldi (traducendo letteralmente senza diverse interpretazioni), il Vangelo di Giovanni ci offre una religione completamente nuova, senza autorità, senza rituali, senza il peccato e la paura.

Non parla di «vita eterna» ma della dimensione reale dell'eternità, da vivere qui ed ora.

Il «Figlio di Dio» è una nuova fase evolutiva della coscienza umana. “Io sono…….Dio” (?) o “meglio una parte di esso….” gli stessi “miracoli” sono "racconti" o "RACCONTARSI" e/o al tempo stesso metodi di terapia e guarigione?

Il corpo è l’anima e lo spirito se ne prende cura,... ma come?

Sembra, inviando messaggi via etere, ma ciò è possibile solo se noi ci mettiamo in “ascolto”. Come dice il nostro carissimo amico e scienziatissimo Renato Palmieri: "nell'universo non c'è repulsione ma solo attrazione" perchè noi siamo attratti da ciò che ci fà evolvere, sempre e comunque.
LA FISICA UNIGRAVITAZIONALE: IL FOTONE
http://renatopalmieri.com/il-sistema-unigravitazionale/sezione-6-descriviamo-la-soglia-infinitesima-delluniverso-fisico-premessa/cap-6-1-il-fotone/

In questo senso “aiutati che di dio t’aiuta”. Ciò significa come sostiene il Dr. Hamer attraverso le sue 5 Leggi Biologiche , che la stessa “malattia” è un processo sensato ed evolutivo della natura, che il miracolo è parte di noi, e sta nel connettersi a queste energia attraverso l’ascolto.

In questo senso la stessa “medicina narrativa”, l’esperienza del cerchio – council – nella tradizione dei Nativi d’America rappresenta quel “percorso di transito” evolutivo delle nostre coscienze, a cui possiamo accedere e ”tele trasmette” il senso: del non giudizio, dell’accetazione di se stessi per cosi come si è, e delle possibilità di “comunicare” cambiamenti.

Noi siamo fatti per il 70% d’acqua che è un ottimo conduttore di energie, ed in questo senso ci vengono in aiuto i recenti studi del premio Nobel della medicina Luc Montagnè, confermati anche da un’altro ricercatore Salernitano, il Professore Giuseppe Vitiello (Docente di Fisica all’Universita di Salerno), anche attraverso i suoi studi sulle forme matematiche dei frattali. Gli stessi esperimenti sui cristalli d'acqua di Masaru Emoto si confermerebbe alla "luce" di questi nuovi test sperimentali di Luc Montagné.

La meraviglia delle meraviglie e che ci ritroviamo sempre più a riceve conferme oggi sui cambiamenti epocali che attraverso un nuovo paradigma nel XXI secolo si sta manifestando, e la storia parte da molto lontano.

Nelle stesse culture orientali, una particolare quella dei SUFI ci riporta in considerazione la forma della cassa toracica, come la "casa" e anche una delle forme primordiale della natura che anche facendo a metà una mela (senza bisogno di farcela cadere in testa, come dice il mio amichissimo Renato Palmieri) potete ritrovare.


In questo caso vi riconsiglio ancora la visione di questo bellissimo film-documentario:
THRIVE
http://www.youtube.com/watch?v=ZGK4PO_TOeE&feature=player_embedded

“E’ dunque possibile un feedback tra DNA e strutture a valle, in forza della ‘waves genomics’ di Gariaev. In linea con le scoperte della SBQ, già l’esperimento di Lory prova l’esistenza del quantum entanglement in biologia e la trasmissione a distanza dell’Energia-Informazione: una parallela coesistenza di realtà locale e non-locale nei sistemi biologici in forza di un DNA antenna in grado di ricevere, memorizzare, trasformare e trasmettere segnali quantistici mediante i geni. Si tratta ora di fare un ulteriore passo in avanti e scoprire quali effetti produce la trasmissione di informazione dal DNA alle strutture a valle, e viceversa. “
(Studio pubblicato su altri siti: vedi link di approfondimenti)


Qui riporto integralmente un comunicato stampa(*) del:
TEAM ITALIANO E FRANCESE, NUOVA SCOPERTA DELLA FISICA: L’ACQUA VIENE “INFORMATA” DAI PRINCIPI ATTIVI IN ESSA DILUITI. SI RIACCENDE IL DIBATTITO SULL’OMEOPATIA

"La prestigiosa rivista scientifica Journal of Physics ha pubblicato il lavoro di ricerca “DNA, waves and water” condotto sull’asse Italia – Francia dal Premio Nobel per la Medicina Luc Montagnier e dal fisico Emilio Del Giudice. Nuove prospettive sul funzionamento dei medicinali omeopatici e omotossicologici Milano, 22/07/2011 - Una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo, Journal of Physic, ha pubblicato il lavoro di ricerca condotto da due gruppi di lavoro distinti, il primo francese coordinato dal Prof. Luc Montagnier, Premio Nobel per la Medicina, con i tecnici e biologi Lavallè e Aissa, e il secondo tutto italiano coordinato dal fisico Prof. Emilio Del Giudice, (IIB, International Institute for Biophotonics, Neuss, Germany) con Giuseppe Vitiello (Fisico teorico del Dipartimento di Matematica ed Informatica, Università di Salerno) e Alberto Tedeschi, ricercatore (White HB, Milano).

Montagnier ha scoperto che alcune sequenze di DNA possono indurre segnali elettromagnetici di bassa frequenza in soluzioni acquose altamente diluite, le quali mantengono poi “memoria” delle caratteristiche del DNA stesso. Questo significa innanzitutto che si potranno sviluppare sistemi diagnostici finora mai progettati, basati sulla proprietà “informativa” dell’acqua biologica presente nel corpo umano:
malattie croniche come Alzheimer, Parkinson, Sclerosi Multipla, Artrite Reumatoide, e le malattie virali, come HIV-AIDS, influenza A ed epatite C, “informano” l’acqua del nostro corpo (acqua biologica) della loro presenza, emettendo particolari segnali elettromagnetici che possono essere poi “letti” e decifrati.

Possibili sviluppi di tale scoperta potrebbero quindi essere sia in termini diagnostici che di trattamento e terapia delle malattie. I segnali elettromagnetici presenti nell’acqua infatti sono riconducibili alla presenza o meno di una sua “memoria”, intervenendo sulla quale si prospettano ampie possibilità di trattamento e di terapia, con la prospettiva di cambiare di fatto la vita a molti pazienti, costretti all’assunzione di indispensabili farmaci salvavita che a volte recano però con sé il rischio di pesanti effetti collaterali.

Un’ipotesi di ricerca simile venne percorsa due decenni fa dal ricercatore francese Benveniste: la scarsità di evidenze scientifiche a suffragio della sua teoria ne causarono all’epoca l’isolamento dalla comunità scientifica, ma dopo molti anni quelle ipotesi tornano inaspettatamente di attualità. E’ opportuno anche ricordare che la medicina omeopatica e omotossicologica sfrutta da sempre i principi fisici per cui l’acqua può essere “informata” da sostanze in essa diluite: la ricerca di Montagnier, Del Giudice e Vitello indica la strada per arrivare a una migliore comprensione dei meccanismi di funzionamento del paradigma medico omeopatico ed omotossicologico, e pare creare la base per una futura generazione di rimedi farmaceutici senza effetti collaterali, che basano il proprio meccanismo d’azione sull’acqua “informata” dal segnale elettromagnetico prodotto da sostanze presenti in essa a bassissime concentrazioni ed “attivata” tramite peculiari tecnologie chimico-fisiche. Essi acquisiscono così proprietà curative, ma – grazie all’alta diluzione del principio attivo - sono privi di effetti collaterali.

In relazione alla pubblicazione del lavoro “DNA, waves and water”, il Prof. Giuseppe Vitiello (Professore di Fisica dell’Università di Salerno) ha dichiarato: “Il dato molto importante da sottolineare è che una rivista ufficiale di fisica come il Journal of Physics ha pubblicato per la prima volta una ricerca che normalmente sarebbe di competenza di un Journal di biologia o medicina. Un passo ulteriore a dimostrazione che la moderna fisica quantistica può dare un contributo fondamentale alle ricerche mediche di frontiera”.

Riferimento del paper: 5th International Workshop DICE2010, IOP Publishing “DNA waves and water” - L.
Montagnier, J. Aissa, E. Del Giudice, C. Lavallee, A. Tedeschi and G. Vitello - Journal of Physics: Conference Series 306 (2011) 012007 doi : 10.1088/1742-6596/306/1/012007.

Fonti:
(*) Comunicato Stampa - Ufficio Stampa AIOT: Glebb & Metzger Fabio De Carli 338‐3642542 011‐5618236
fdecarli@glebb‐metzger.it
La pubblicazione sul Journal of Physics è liberamente scaricabile dal sito ufficiale della rivista:
http://iopscience.iop.org/1742-6596/306/1/012007

Link argomenti correlati:
http://www.mednat.org/spirito/pensiero_crea.htm
http://www.mednat.org/cure_natur/omeopatia_lancet.htm
http://www.mednat.org/cure_natur/DNA_antenna.htm
http://www.mednat.org/cure_natur/DNA.htm
http://www.sisbq.org/genomicaondulatoria.html
http://radunonazionaleclowndottori.blogspot.it/2010/05/la-memoria-dellacqua.html
http://www.youtube.com/watch?v=ZGK4PO_TOeE&feature=player_embeddedBibliografia
http://renatopalmieri.com/

http://www.acquainformata.eu/archivio/luc-montagnier-premio-alla-carriera-in-medicina-dalla-prestigiosa-scuola-medica-salernitana/

Bibliografia:
Biologica delle Credenze – B. Lipton
Il Codice Segreto del vangelo di San Giovanni – Igor Sibaldi


"L' anima è ciò che è in ognuno di Voi, si è staccata da Dio e deve ritornare a ...
Quando voi dite che ci sono intorno a voi delle energie negative, sono dentro di Voi, ....

Quella è la strada che il loro Maestro ha scelto per purificare la loro Anima."
(Brani tratti da Vangeli apocrifi)



sabato 24 marzo 2012

AIUTIAMO DIO, LUI DA SOLO NON CE LA FA'!


"Bisogna avere ancora il caos dentro di sé per generare una stella danzante »
(Cosi parlò Zaratrusta, Nientz)

(Foto di Salvatore Di Vilio)
Il Clown Misterister, celebra la figura dell'uomo folle (La gaia scienza - Nietz), si, anche Lui se ne va in giro in pieno giorno con una lanterna accesa, e sottovoce, invece di urlare chiede ……. “dov’è il mondo?”, attirandosi anche lui lo scherno dei passanti.

Anche Lui alla richiesta di spiegazioni, afferma che il mondo non c’è più e con esso forse anche Dio (Lui?) “E’ morto?” Ma, possibile che nessuno ci crede più veramente. Ma, anche Lui nell'atto stesso di compiere questa affermazione si trova di fronte allo scetticismo e all'indifferenza, quando non alla derisione. Anche Lui, si proprio Lui, si definisce come il "testimone" di un omicidio compiuto dall'intera Umanità. E allora si chiede anche Lui: "Vengo troppo presto?", ;...."...forse che oggi gli uomini non sono ancora pronti ad accettare questo cambiamento epocale. I valori tradizionali sono sempre più pallidi, sempre più estranei alla co-scienza, nel mentre nuovi valori, quelli della gioiosa accettazione della vita e della fedeltà alla terra, sono ancora al di là dell'orizzonte: "Questo enorme evento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino" (?)

“Vivo nella mia propria casa
Mai ho imitato qualcuno
E – derido qualsiasi maestro
Che non si derida da sé”
Sopra la porta di casa mia- R. W.Emerson)

Ecco nonostante tutto…. “…se non sapremo offrire al mondo impoverito un nuovo senso delle cose, attinto ai pozzi più profondi della nostra miseria e disperazione – allora non basterà. …forse allora sulla base di una comune e onesta ricerca di chiarezza su questi oscuri avvenimenti, la vita sbandata potrà di nuovo fare un cauto passo avanti”. (
Etty Hillesum, dalle Lettere)

“Gradualmente prende coscienza del fatto che "non sono mai le circostanze esteriori, è sempre il sentimento interiore [...] che dà a queste circostanze un'apparenza triste o minacciosa": in altre parole, a farci soffrire sarebbero le nostre "idee stereotipate su questa vita" che formano il nostro ‘io', "questo io tanto ristretto, coi suoi desideri che cercano solo la loro limitata soddisfazione [e che] va strappato via, va spento. [...] Dobbiamo nel nostro intimo liberarci di tutto, di ogni idea esistente, parola d'ordine, sicurezza; dobbiamo avere il coraggio di abbandonare tutto, ogni norma e appiglio convenzionale, dobbiamo osare il gran salto nel cosmo, e allora, allora sì che la vita diventa infinitamente ricca e abbondante, anche nei suoi più profondi dolori.".
dal DIARIO di Etty Hillesum)

«A volte vorrei rifugiarmi con tutto quel che ho dentro in un paio di parole. Ma non esistono ancora parole che mi vogliano ospitare»…… «Si deve diventare un'altra volta così semplici e senza parole come il grano che cresce, o la pioggia che cade. Si deve semplicemente essere»…….«Le cose devono poter essere chiamate per nome, e se non reggono a questa prova non hanno il diritto di esistere»
dal Diario di Etty Hillesum)

Insomma più che chiedere aiuto al mondo, come sosteneva la stessa Etty Hellisum, credo che dobbiamo prendere sul serio l'invito anche di Clown Miserister e DOBBIAMO AIUTARE DIO, PERCHE’ DA SOLO NON CE LA FA’!

Questo di aiutare Dio è un filone che percorre la tradizione ebraica e che è esploso, in un certo senso,con la Shoà.

Shoà è il termine alternativo a Olocausto, proposto per primo da Wiesel che in seguito se n’è pentito. Infatti «olocausto» è un sacrificio offerto dai sacerdoti a Dio, mentre l’uccisione degli ebrei, non è un’offerta a Dio né le SS erano sacerdoti, quindi oggi si preferisce Shoà, che in ebraico significa «catastrofe»

La cosa che più ho apprezzato e condiviso, quando ho letto per la prima volta il "DIARIO" di Etty Hellisum (lo tengo in camera sulla scrivania, e spesso torno a leggerne qualche pagina, come adesso…) è stato il fatto che la sua religiosità, pure se contesa tra le due diverse teologie: ebraismo e cristianesimo; ha un ritmo religioso o meglio "spirituale" tutto suo.

Etty si rivolge a Dio come se stessa.

Ci sono alcuni passi del suo “DIARIO” che in questo senso sono significativi:

“In me non c’è un poeta, in me c’è un pezzetto di Dio che potrebbe farsi poesia” (Diario, p- 230)......oppure come …. "..... Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi” (Diario, p.169).

Si Etty parla a se stessa come a Dio. Quel suo "DIO PERSONALE" tanto ripudiato da Einstein “Io non credo in un Dio personale e non ho mai negato questo fatto, anzi, ho sempre espresso le mie convinzioni chiaramente. Se qualcosa in me può essere chiamato religioso è la mia sconfinata ammirazione per la struttura del mondo che la scienza ha fin qui potuto rivelare.”… relegando tutto alla scienza e non comprendendo che si tratta di “CO-SCIENZA”.

Beh anch’io come Misterister ho bisogno di cercare il mio mondo all’interno di me e come Elly spesso mi ritrovo a parlare con me stesso come se....: IO SONO …DIO!

Beh, almeno ci provo......(parola di Nanos Enzo)

Per approfondire vi consiglio la visione di questo
film documentario:



“Si trasformi l'Inno alla Gioia di Beethoven in un quadro e non si rimanga indietro con l'immaginazione, quando i milioni si prosternano rabbrividendo nella polvere: così ci si potrà avvicinare al Dionisiaco. [...] Ai colpi di scalpello dell'artista cosmico dionisiaco risuona il grido dei misteri eleusini: "Vi prosternate milioni? Senti il creatore, mondo?"
(F. Nietzsche, La nascita della tragedia)

Fonti
http://www.nostreradici.it/Etty-credo.htm



venerdì 23 marzo 2012

LA MEDICINA esattaMENTE BIOlogica

Napoli - Sala Trofei - Circolo Nautico Posilippo
MERCOLEDI 28 MARZO 2012
ore 18,00
Ingresso Libero




Argomenti:

- Il nuovo modo di intendere la medicina: la malattia non più come "brutto male", ma come un "processo in corso" che possiede il suo senso biologico;

- Le Cinque Leggi Biologiche: criteri secondo i quali ogni connessione mente-corpo è generata e si sviluppa ai tre livelli

(psiche, cervello, organo)

- Il Programma Sensato della Natura: per una vita senza paure;

- La nuova posizione di responsabilità dell'individuo per diventare artefice del suo processo di guarigione.

RELATORE
Dr. Pasquale Aiese
Medico e Biologo
(Spec. in Igiene e Sanità Pubblica)
Docente e Componente del Comitato Scientifico
Associazione A.L.B.A.
nuova medicina
www.albanm.com
Contatti + 39 3381725575

martedì 20 marzo 2012

PAURA E DESIDERIO, dialogo immaginifico tra l'angelo Mercuzio ed il Clown Nanosecondo

Carissimo Mercuzio, angioletto mio,
Sai, ieri mi sono fatto visitare in ospedale avevo paura per il mio cuore infranto, ma poi mi hanno detto che è intero e sano.


M: Mi sembra di capire che tu consideri il sentimento di “paura” come un momento debole della tua vita mentale e sentimentale. Prova a usare “pensieri lunghi ed a vedere che un connubio tra paura e ragione può essere evocato per uscire dalla minaccia della morte e per fare il proprio ingresso nella vita civile e comunitaria consapevole e responsabile. La possibilità per l’uomo di emanciparsi dalla condizione naturale risiede infatti “in parte nelle passioni e in parte nella sua ragione.” Le passioni che inclinano gli uomini alla pacificazione dei “demoni caldi e freddi” che configgono nella propria anima possono essere indirizzati nel timore della morte e del niente eterno, il desiderio di quelle cose che sono necessarie per condurre una vita comoda, e la speranza di ottenerle mediante la loro pratica. La ragione poi suggerisce convenienti articoli di pacificazione, ordine su cui gli uomini possono essere tratti ad accordarsi per vivere i propri conflitti e il proprio caos primigenio e naturale.….Questi articoli sono quelli che vengono altrimenti chiamati leggi di natura...


Sai, Mercuzio angioletto mio, io però avevo paura anche se la paura nasceva da un desiderio. Ma come è possibile desiderare senza aver paura? Beh! Si, lo so! Il mio è un desiderio che forse non posso più permettermi? Amare ed essere amato. Eppure mi hanno detto che lo spirito se nasce da un corpo è la meraviglia delle meraviglie, ed io posso desiderare tutto ciò senza più paure?

M: Desiderio è parola chiave, parola elettiva dai tanti significati e molteplici risvolti affettivi .Il desiderio in genere non nasce dalla nostra volontà e decisione. E’ un folletto generoso e avaro che non si lascia padroneggiare dal nostro “io”. Crea non assuefazione, ma senso di perdita e di vertigine e sfida sia la forza di gravità nel tempo e nello spazio sia la sfida cognitiva della relatività. Si serve della paura come gioco di inciampo, sbandamento e perdita di padronanza con turbamento dell’animo umano e rimessa in dubbio di tutte le convinzione consolidate. In quanto al connubio con l’amore ….il suo status diventa esplosivo e pericoloso per l’intero “io”, anche se ciò potrebbe far nascere uno spirito immortale.


Beh lo so mi dirai che non si può avere tutto dalla vita per giunta poi l’immortalità dell’amore come desiderio senza più paure. Ma è un pò che vado in giro con la mia moto del tempo, a cercare questo amore, e non riesco a capire ancora se l’ho trovato oppure no, come faccio a non aver più paura di cercare?

M: Quante sono grandi le tue contraddizione e quanta confusione nella tua ricerca di questo “amore”. Se ti può servire è il gioco prediletto dalle divinità da sempre con i mortali che amano inventarsi di tutto pur di non affrontare di petto questa loro debolezza. Tu usi la “moto del tempo” per scappare dalla realtà che ti va stretta e ti affligge. Altri usano le parole e la poesia. Altri il pensiero rotondo come sfera e cangiante come un fiume. Altri si servono di immagini e colori, altri di note armoniche e dissonanti. Sono mezzi diversi per uno stesso fine: la difficoltà di vivere in concreto e imbrigliare e padroneggiare il caos sfuggente, la disarmonia sconcertante….l’amore libero e imprendibile in un amata in carne ed ossa, dove tutto è spirito immenso.


Mercuziooooo, ma tutto mi scorre, come un fiume in piena, si a volte mi sento come un bambino trascinato dalla corrente. Mi hanno pure detto che non posso pensare di nuotare contro corrente ma a favore per cercare di salvarmi. Mi devo abbandonare, a questo moto eterno, di un acqua che scorre, ma poi mi irrigidisco ed ho paura di lasciarmi andare.

M: Ecco hai spiegato bene la dinamica della tua paura desiderante. Abbiamo paura della nostra incapacità di padronanza, a cedere alla sua credenza, alla sua follia, alla sua prepotenza e sottostare a questa forza (dunamis-eros) che ci travolge e ci rende insicuri, deboli e esposti al desiderio come fonte vitale e libero del nostro “io”. Quando il trincerarsi dietro ad un Io, padrone e signore, viene meno, si indebolisce, tramonta, si eclissa e si depersonalizza si dà di far esistere il desiderio come possibilità desiderante dell’altro-a, al di là e aldi sopra della follia narcisistica della pacificata immagine di sé stesso nello specchio mutante della vita. La nostra paura è paura di esclusione, di dipendenza, di debolezza e di non padronanza di sé. Qui “l’Altro-a” non centra niente ancora qui siamo solo noi ad essere messi in gioco nella nostra voglia e capacità di perdere il potere su noi stessi e di poterlo esercitare sugli altri. Ti ricordi quante parole belle e inutili abbiamo speso sulla relazione stretta rapporto Eros-Potere ?

E, si lo so che l’amore è la perdita di tutti i poteri, è il fallimento della nostra ragione o volontà per dare spazio allo spirito libero dell’amore. Però mi hanno detto pure che i desideri andrebbero lasciati perdere, perché si rischia di illudersi o peggio di illudere. E qui arriva la mia paura, sai di ritornare adulto e perdere il mio bambino….di perdere la possibilita di essere cosi fragile nel gioco da assaporare la sconfitta come una vittoria.

M: Sei di una ingenua e infantile vocazione ad esporti e ciò inganna doti ancora intorno alla dicotomia categoriale “Adulto-Bambino”. Dovresti ragionare sul binomio “Servo-Padrone”. Siamo sempre quello che i nostri progenitori pensanti hanno detto di noi, che siamo prima di tutto ‘ animali politici’ (zoòn politikòn) e poi ‘animali in possesso di parole’ (zoòn ekon legon)….siamo animali continuamente attratti e stimolati ad assoggettare l’altro-a, come oggetto del nostro desiderio per comandare e esercitare un potere di vita e di morte si di ‘esso-a’. Non riusciamo a concepire una libertà e responsabiltà senza padronanza, senza proprietà o sudditanza. Non sopportiamo la semplice forza del desiderio desiderante se non in vista di un desiderio desiderato.

Io voglio continuare a pensare e sognare che è possibile praticare il desiderare, che è possibile non aver paura, eppure ho paura.

M: Continui ad avvitarti nella tela che costruisci intorno a te. Tu continui ad aggrovigliati nello “gnommero” che tu stesso stai avvolgendo intorno a te stesso. Questo si può cominciare riconquistando il senso profondo e responsabile di una paternità su noi stessi e non come smascheramento e indebolimento ma come forza ed equilibri momentaneo o provvisorio con l’‘altro-altra’. La paternità in questo senso ha possibilità desiderante e non oggetto appacificato e desiderato. Il sogno è l’infinita ombra del vero. L’importante che il gioco delle ombre non serva a comprimere ma a sviluppare la forza del desiderio.

Sai a volte mi sono abbandonato ai desideri e quando li ho dichiarati, alcuni sono scappati via, per paura? Boh! Mi sono accorto che è un po’ come non riconoscerli più. Mi dicono sempre ma tu sei pazzo. Ci sono i problemi. Ma che sono questi problemi? Ma, non ci capisco più niente (?).

M: Il mondo, la realtà è un problema, una domanda, un desiderio non è mai una risposta o una soluzione se non momentanea e provvisoria. Certo che scappano via ma non sono essi a scappare via sei tu che non riesci a starci dietro e ti fa comodo non ammettere questa tua precarità o incapacità a riconoscergli la positività di essere mutevole, cambiabile e soprattutto indefinibili e imprendibile una volta per tutto, C’est la vie ,mon cher amie! Non è un Essere ben rotondo e rassicurante ma un fiume mutevole e diveniente dove “il cor si spaura” e la mente si inceppa. Prova a ripartire come consigliava Socrate ….”non ci capisco più niente”!
Mercuzio, allora Io non sono io quando amo?

M: Dipende, se parti dal “saper di non sapere”…tutto è ancora possibile. Altrimenti non ti resta il consiglio leggero di quella bella canzone di Mina …”proviamo anche con Dio non si sa mai”. Partiamo da questo tuo “io” indebolito, fragile, confuso ma desiderante. Il desiderio, però, diventi domanda di riconoscimento non di identità…l’importante è praticare e ottenere riconoscimento di questa tua domanda ed esigenza di aiuto non di diritto di padronanza. Difendiamo questo nostro diritto di riconoscimento del desiderio dell’altro-a. Il problema non chiedere legittimità alla nostra identità ma legittimità al nostro desiderio dell’altro-a. Amare è un progetto continuo di amore è “stato nascente costituente e desiderante” mai uno stato costituito, desiderato e praticato. E’ l’indicibile processo aristotelico tra “potenza-atto” per ingabbia re concettualmente il viaggio di andata e ritorno, di libertà desiderate dal regno delle ombre della caverna platonica verso la vita calda e luminosa del sole come esperienza per riaffrontare continuamente il ritorno tra le ombre e la caligine che insozza parole, mortali e cose. Questo è la forza di amore-eros che “muove il solo e le altre stelle” ma sopratutto gli uomini desideranti e pensanti.

E, chi sono allora?

M: Qui comincia la tua avventura e il tuo viaggio dentro e fuori di te. Un viaggio che sconfigge le paure solo con la forza rinnovata del desiderio non di cercare dentro di te solo “il fantasma primario del bambino” bisognoso di cure ma del Padre autorevole che dà sicurezza, premure e cura all’altro-a da sé, La nostra identità è questa possibilità desiderante all’infinito.

Io non sono così forte da nuotare controcorrente, si è vero a volte mi lascio affogare dai miei desideri e dalle mie paure ma almeno cosi mi sembra di essere vivo. Mi tocco e mi faccio male. E, poi penso che se non sono capace di abbandonarmi ai miei desideri e alle mie paure non crescerò mai. Mi tratterò sempre come un bambino spaventato, con la paura di non poter aprire il mio cuore. Ma cos’è questa paura? La paura di essere abbandonati? O, è paura di diventare grandi? desidero però ho paura!

M: Ecco cosa non intendevo prima con questo tuo senso negativo di ricerca e considerazione della vera identità. Sentirsi vivo in una cassa da morte di paure e di decrescita è veramente il peggio del peggio dell’inganno. Ingannarsi nella vita può anche servire a rimandare il problema, ma bisogna essere onesti con sé stessi e sapere di ”volersi ingannare”. La paura è sempre di voler diventare “padre” (non padrone) di sé stesso ed esercitare la paternità della benevolenza, della cura e dell’amore dell’altr-a. La paura dell’abbandono è dell’eterno bambino che è in noi che diventa una buona volta “padre” di sé premuroso ed affettuoso e non padre-padrone e repressore autoritario del desiderio in uno Stato totalizzante e illiberale per i sentimenti, i sogni e le passioni.

Adesso ho capito “io sono il padre tuo” ecco da dove nasce lo spirito dalla capacita di amarsi ed amare e diventare così pardi e madri di se stessi. Sai mi hanno detto pure che devo però più che desiderare metterci un’intenzione nel desiderato, che non può essere la paura, ma appunto l’abbandono, all’amore.

M: Non continuare a giocare con le parole per imbrigliare le tue paure. L’amore non è mai un desiderato ma un desiderante continuo e dinamico. E’ ferita sempre aperta e dolorante …Se tu cerchi di tutto per cauterizzarla o curarla insieme alla ferita toglierai anche il desiderio di amore.

L’amore per tutto e nelle diverse forme?

M: Ecco così va meglio ma purché non sia “la notte in cui tutte le vacche sono nere” per anestetizzare le diversità, complessità e ricchezza di desideri possibili e mutevoli.

Si credo che non devo controllare più desideri e paure ma semplicemente liberarle e lasciarle andare, si lasciarle andare giù per la corrente, come l’acqua di un fiume, come tante barchette di carta pronte a salpare per un nuovo mondo.

M: Quando molti anni fa anch’io ero un bambino giocavo nel ruscelletto del mio paese con le barchette di carta e o con dei semplici pezzi di legno …mi appassionava molto di più il gioco in se stesso che la vittoria finale. Ecco… tu libera le tue barchette e lasciale andare come i tuoi desideri liberi come le foglie d’autunno e leggeri come le piume di un uccello. Troveranno contrasti, paure, ostacoli .Importante confidare nella forza (dunamis) dell’acqua e nel piacere del bambino di vivere quella esperienza di gioco non come ricerca di potere vincente sugli altri ma come esercizio di comunione e cura di sé e degli altri. Forse non lo sai ma pure questo è amore…..avrebbe detto il mio amico Roberto. Ed in questo io mi fido più dei poeti.

Si Mercuzio io desidero essere amore per sorridere al mondo.

M: Io direi: sì io desidero vivere l’amore per sorridere con il mondo……voloooooooo viaaaaaaaaa adessooooooooooo….Nanosssssssssssssss U'Mast mi chiama!

mercoledì 14 marzo 2012

LA VITA PIU' CHE PER QUALSIASI FILOSOFIA

La vita concreta prima delle analisi e delle ideologie....."...se l'uomo fosse o avesse da essere questa o quella sostanza, questo o quel destino, non vi sarebbe alcuna esperienza possibile- vi sarebbero solo compiti da realizzare" (Agamben)

La vita più che per qualsiasi filosofia
di Mauro Orlando (*)

In questa fase di empasse della “Politica” rispetto alla “Tecnica Economica” e l“evanescenza o l’intontimento dei movimenti” della cosiddetta società ancora nella dicotomia “violenza-non violenza” vorrei consapevolmente sottrarmi alla discussione tecnico ideologico–politica ,salvo che per necessità razionale e sfida cognitiva e rispetto critico delle analisi altrui solo se nascono da esperienze individuali,sociali e territoriali e non da vecchie e sepolte ricette palingenetiche.

Non ho ricette preconfezionate,logiche,coerenti e accattivanti da proporre per l’immediato futuro.

Posso solo riferire lo spirito, i sentimenti e le idee personali che sono maturate nella mia esperienza della Comunità provvisoria in Irpinia con un piede critico nella realtà posturbano-produttiva della valle padana.

Dopo anni di analisi alla ricerca di alternative concettuali e concrete mi sono convinto per adesso che solo il racconto delle nostre esperienze e autobiografie sentimentali e razionali riescono a determinare le analisi , la cronaca e la storia degli ultimi due anni della politica italiana e non viceversa.

Due sono stati i sentimenti che mi hanno portato all’esperienza nella "Comunità provvisorie"
http://comunitaprovvisorie.wordpress.com/category/blog-paesologia/.

Un ritorno alle mie radici pre-razionali come completamento della mia identità di uomo che vive la sua contemporaneità nel sospetto conoscitivo verso tutte le forme di deriva di sviluppo senza progresso.

Paradossalmente la situazione antropologica, culturale, economica e sociale dell’Irpinia arretrata rispetto alla Storia nazionale e terremotata nella sua storia intima e sociale si prestava alla riproposizione concreta di una esperienza esistenziale e politica incardinata su due categorie concettuali classiche e moderne, minimale e universale: paesologia umanistica e comunitarismo.

Scienze arrese ma vive ,consapevoli e attive. L’affetto e la stima umana per i miei nuovi compagni di avventura e l’indignazione e il disprezzo per quasi tutto riproduceva il ceto politico dominante e dei loro atti politici…hanno dterminato il resto . Sono non a caso due sentimenti distinti ma essenziali nella originale esperienza politica che ho fatto e continuo a fare nella mia ,aimè, non giovane vita sentimentale,mentale e politica.

E’ il “sentimento” ,non necessariamente contrapposto alla “ragione”, la peculiarità e l’anima di questa nuova esigenza di politica che ci ha piacevolmente trascinato in questa straordinaria esperienza sociale e culturale.

Ognuno di noi ha dovuto fare delle scelte esigenti rispetto alla propria vita privata, intellettuale e professionale .Abbiamo dovuto correggere convinzioni inossidabili e vocabolari inadeguati. Abbiamo dovuto fare “tabula rasa ” delle nostre sintassi e grammatiche, perché sentivamo che questa esperienza aveva una necessità e originalità che obbligava a mettere in discussione prima di tutto noi stessi, le nostre accomodanti e pacificate pigrizie mentali e psicologiche.

Le nostre care e vecchie categorie politiche si sono manifestate nella loro insufficienza sia per la comprensione del fenomeno ma soprattutto per interpretarne il senso e la sua rappresentazione.

Educato ad una salutare diffidenza culturale e politica dell’individualismo moderno se pur filosoficamente profondo (Locke, Kant, Stuart Mill) ,questa nuova esperienza sociale mi ha riaperto un quadro analitico meno dottrinario e più aperto e critico.

Ho scoperto la ricchezza di un individualismo “riflessivo” ,progressivo e attivo finalizzato a stimolare e consentire agli individui prima di tutto,di fare libere scelte per quanto riguarda la loro vita privata e pubblica e la povertà pericolosa di un individualismo pigro ,regressivo e gregario o di un comunitarismo ideologico o teologico che riproponeva sotto forme accattivanti vecchi miraggi regressivi o progressivi.

Si è detto che le emozioni non possono costruire nuove identità collettive.

L’esperienza dei “piccoli paesi dalla grande vita”, Delle “sentinelle del territorio” della ricerca delle basi emotive e culturali per un “umanesimo degli Appennini” possono essere la risposta concreta a una sociologia o una scienza politica viziata da un errato privilegio esclusivo della razionalità e dell’astrattezza.

Una sorta di astratta razionalità politica rischia di fare dei brutti scherzi non solo ai nostri detrattori ma anche ad intelligenti analisti e praticanti presenti nella nostra esperienza nella realtà sociale piuttosto che nelle formalizzazioni istituzionali della politica.

Abbiamo bisogno di una modestia intellettuale e un orgoglio politico che parte da un risultato al di là e al di sopra delle nostre personali capacità e previsioni. Ho accettato consapevolmente la scelta di aprirsi ad un incontro e confronto con tutte le atre esperienze comunitarie e individuali che partissero dalle stesse nostre esigenze senza preclusioni ,primazie e gerarchie nella possibilità di esperienze.

Io sono convinto che le nostre esperienze non sono nate per essere compresi solo razionalmente o alla ricerca di personalità o gruppi legittimati , se pur con competenza e intelligenza, ad una direzione anche solo orizzontale ma soprattutto per essere vissute e praticate democraticamente in prima persona anche in modo istintivamente attivo e responsabile.

Non stanchiamoci di ricordare agli altri , ma anche a noi stessi,che non nasciamo anarchici, impolitici, apolitici o antipartitico ma carichi di originali stimoli e sane provocazioni intellettuali e,direi senza essere frainteso, istintive alla politica tutta ,ingessata e autoreferenziale che ha smarrito il senso dei suoi fondamenti ,sia quando si fa pratica praticata e politicante , sia quando si fa ideologia, mito,metafisica o dottrina, dimenticando di essere soprattutto ricerca critica, scienza o attività dell’uomo e per l’uomo non universale ma concreto e storicamente determinato nelle sue realtà territoriali e culturali senza miti e ideologie .
In conclusione mi piacerebbe discutere e confrontare esperienze,stili di vita più che interpretazioni di filosofie o peggio ideologie di vita siano esse laiche o religiose.


(*) Mauro Orlando,
è l'angelo Mercuzio ed è Presidente Onorario della Comunità RNCD
Fonte:
http://elisiramore.blogspot.com/?zx=a3f271de73eb9a50

SOGGETTI SMARRITI: SULL'AMICIZIA

“Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento,
e messi in un vasel ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio ………”

“ Se uno ,con la parte migliore del suo occhio, che noi chiamiamo pupilla, guarda la parte migliore dell’occhio dell’altro, vede se stesso” (Platone)





Sull’Amicizia
di Mauro Orlando



L’amicizia non è ancora un sentimento fondativo ed essenziale della esperienza esistenziale e culturale delle “Comunità Provvisorie”.


E’ dissolta,nascosta o momentaneamente accantonata per i tempi migliori?


Forse siamo vittime inconsapevoli degli ultimi sviluppi tecnologici delle società di massa che incollandoci davanti a un computer a consumare le nostre bulimie affettive per esorcizzare la solitudine,lo sradicamento, il silenzio,le offese e le amnesie delle identità. Sempre più l’amicizia non praticata diventa difficile,impraticabile nello schema e nella funzione della ‘fiction’.


La pratica praticata intorno a noi delle conoscenze utili e degli scambi di favori che aiutano le relazioni ipocrite e convenzionali che possono diventare vantaggiose..non ci aiuta .La nostra grammatica sentimentale e sociale ci obbliga oggi a ragionare al ‘singolare’ o al ‘plurale’.Nel singolare coniughiamo la solitudine dell’anima che progetta e vagheggia mondi ideali o ancestrali, eden e paradisi perduti, radici nobili che la società ha corrotto ,dimenticato o deviate,ideazioni e sogni che non possono essere declinate in pubblico o nei rapporti comunitari.



Al singolare possiamo vivere il dolore e il morire con dignità e autenticità e al massimo ci permette di avere il coraggio di esporci nelle nostre piccole comunità. Al plurale siamo costretti sempre a dare prova di sano realismo, apertura,tolleranza e pluralismo, di stare ai fatti, di controllare le emozioni, le rabbie, i sogni ,le speranze, a dare risposte agli altri e contenere e controllare le domande per essere accettati, riconosciuti, identificati e in qualche caso applauditi.


L’amicizia può permettersi di coniugare il singolare al plurale …. e non è un gioco di parola. I nostri antenati greci ( spero di non offendere altre convinzioni) avevano in uso il ‘duale’ come forma verbale che esprimesse la valenza simbolica del linguaggio quando doveva esprimere i momenti e i furori sentimentali dell’innamoramento come “stato nascente” in cui non si riesce a pensare a se stessi senza l’altro.


L’amicizia comunitaria come l’amore dovrebbe abitare e vivere al duale rifiutando l’anonimato e l’ipocrisia nel pubblico e la solitudine e l’afonia nel privato. Ecco perché la scelta comunitaria e paesologica e altruista e rivoluzionaria e l’amicizia in più ci permette di comprendere tutte le eccedenze di senso che in pubblico potrebbero apparire come segni di follia, di idealismo, romanticismo ma in privato una possibilità di ascolto accogliente e generoso delle nostre intime verità e sentimenti.


Per questo anche nelle "Comunità Provvisorie" si possono auspicare molte amicizie che possono corrispondere alle sfaccettature delle nostre anime che non possono essere svelate alla legittimità di custodire intimi segreti che altri segretamente custodiscono.


Le nostre azioni pubbliche e comunitarie non devono necessariamente cercare consenso, conforto o confidenze ma sviluppare la necessità di alterità e apertura nei ritmi intimi della propria anima che non hanno voglia perdersi nella solitudine dolorosa o nei rumori assordanti e omologanti del mondo.


Per questo "io sono..." per sviluppare e non mortificare nella nostra esperienza comunitaria il sentimento e lo stato dell’amicizia per dirimere e combattere la falsa alternativa tra l’anonimato o l’adeguamento nel pubblico e la solitudine dolorosa o gloriosa nel privato. Anche io penso a una "creatura ….. magra, randagia, distesa su poche ossessioni, ma decisa a portarle avanti”.

Ma nello stesso tempo credo che sia nelle caotiche e anonime società del nord e nell’isolamento- o meglio solitudini- delle società dei piccoli paesi e delle colline l’esperienza politica deve sempre più ricreare,favorire o promuovere prima di tutto l’incontro a tu per tu con quello sconosciuto che ciascuno di noi è diventato per se stesso e vedere in un amico la luce dello sguardo o accogliente che ci invita a fare un viaggio assieme per scoprire le proprie radici per poter continuare i propri racconti personali ad altri a cui hanno mortificato la coscienza , vietato le storie ma sopratutto gli hanno tolto le parole per raccontarle e continuare a viverle amichevolmente e politicamente insieme agli altri.

In un viaggio sempre diverso non per un nuovo orizzonte elitario ed aristocratico ma convinti che di fatto lo “spirito paesologico e comunitario” se autentico nel cuore e non omologante nella ragione comunque possa “contagiare altre persone e territori” .

Il mio viaggio -malgrè moi- privilegerà sempre compagni che non amano le radure, la stanzialità, i recinti mentali e territoriali.

(Mauro Orlando l'angelo Mercuzio)

Fonte:
http://elisiramore.blogspot.com/?zx=a3f271de73eb9a50

giovedì 8 marzo 2012

METTIAMOCI IN CERCHIO

Diciamolo pure. Pensiamo un po’ tutti che in ogni evento
vi sia chi ha ragione e chi ha torto.
Ci meravigliamo che le differenze producano equivoci,
ambiguità, distorsioni nella comunicazione e conseguentemente conflitti.
Il conflitto, invece, è indicatore di movimento, di emozione, in poche parole di vita.
Senza dubbio esistono conflitti inutili, e in effetti molti dei litigi fanno parte di questa categoria, ma dovremmo ridare cittadinanza ai conflitti, come occasioni di chiarimento, cura delle relazioni, scoperta di nuovi lati di noi stessi e degli altri.

Perché non pensare a una gestione creativa dei conflitti?

E cosa c’è di meglio del Cerchio per affrontare un conflitto?

La figura geometrica del Cerchio ha in questa fase epocale la possibilità di entrare con più forza nella vita quotidiana: nella progettazione urbanistica, nel disegno degli spazi pubblici, nell’arredamento dei luoghi d’incontro e nel design di prodotti e oggetti. Mettersi a Cerchio significa mettersi sullo stesso piano, potersi vedere negli occhi, essere più partecipi dell’evento, intervenire superando le asimmetrie che una cattedra o una geometria unidirezionale
comportano.

Insomma, il Cerchio nella progettazione sociale facilita la pratica della democrazia.

Questo libro rappresenta un contributo prezioso e concreto nella riprogettazione degli spazi
relazionali. È ispirato dalle fonti più autorevoli dei nativi americani secondo le quali la via del Cerchio è la via del cuore. Esserne pienamente consapevoli rende possibile creare un’armonia tra il battito del nostro cuore, il nostro cervello e il ritmo vitale della Terra.

Quando ci ritroviamo insieme in un Cerchio ci sentiamo nel posto giusto e in armonia con la nostra natura. (Manitonquat)



Ho il piacere di annunciarvi un “lieto evento” con l’aiuto anche della mamma di Socrate che faceva l’ostetrica, abbiamo partorito con l’aiuto del nostro amicissimo Alberto Terzi di Como e Sidney Journò di Roma con La Meridiana Edizioni il libro:

“METTIAMOCI IN CERCHIO” a cura di J. Sidney & E. Maddaloni
Manuale per favorire il dialogo e la democrazia nei gruppi

Lo so vi strapperete i capelli e sarete pronti a fare la fila davanti alla vostra libreria per acquistarlo, state tranquilli/e prevediamo la ristampa ad un milione di copie vendute…..uaooo!!!

Da ieri sul sito della casa editrice LA MERIDIANA è attiva la pagina dedicata al nostro libro Mettiamoci in cerchio http://www.lameridiana.it/SchedeDettaglio/DettaglioPubblicazione/tabid/61/Default.aspx?isbn=9788861531482

La casa editrice ci ha fatto sapere, come fanno da qualche tempo, che: “…..lanciamo i libri novità offrendo la possibilità di acquistarli per le prime due settimane con il 15% di sconto sul prezzo di copertina che è di Euro 13,50 (spese di spedizione escluse); inoltre abbiamo attivato un piccolo assaggio di lettura sfogliabile (lo trovate cliccando qui)http://issuu.com/meridiana/docs/mettiamoci_in_cerchio

Sono e credo possiamo essere grati a Manitonquant per i suoi insegnamenti.

Questo è un lavoro corale frutto più di un esperienza personale, di un viaggio lunghissimo per me durato oltre una vita.....insieme a tanti amici ed amiche.

Questa è solo un'ulteriore tappa per ripartire dal .... cerchio, la via della bellezza.

Sono grato a tutte le persone che ho incontrato in questi anni della mia vita e che mi hanno insegnato un sacco di cose.

Sono grato alle persone che si sono sedute con me nei cerchi e negli incontri clown....per prenderci cura insieme di noi stessi.

Sono grato in particolare ad alcuni/e di essi/e che mi hanno messo a dura prova...sono grato a quanti di loro oggi sono clown e clownesse "dottori" (sociali) e si stanno prendendo anche loro cura di se stessi e di noi tutti.

Ecco si sono grato oggi a tutti voi amici ed amiche vicini/e e lontani/e
e vi porterò sempre nel cuore custodendo nella mia "biblioteca dell'anima" tutte le cose che non ho potuto scrivere in questo libro e che potrete solo conoscere anche voi praticando si praticando la via del cerchio, la via della bellezza.

Aho! Grazie di Cuore, Enzo

sabato 3 marzo 2012

LA CO-SCIENZA DI SIMONE (filosofia e matematica dell'amore infinito)

l'EQUAZIONE COSMOLOGICA di
www.renatopalmieri.com



A Mauro, amico caro,
che mi parla indossando vesti d’angelo e dicendo,
come angelo, di chiamarsi Mercuzio.
Mercuzio, personaggio scespiriano
considerante la vita come sequenza pura di episodi e,
nell’episodio, rappresentante se stesso,
ispirato ad allegria, a sensualità, a gioco.
Un Mercuzio, quello scespiriano,
che piroetta mattacchione sul palcoscenico della vita
nascondendo così il suo pessimismo doloroso.
Ridi pagliaccio sul tuo amore infranto!
Ridi del duol, che t'avvelena il cor!
Altro è il discorso di Mauro in veste d’angelo,
pur se il suo è un piroettare filosofico allegro.
A Mauro, e ai suoi amici,
non piacciono
meditazioni austere, noiose.
da affiliati alla trappa..
Mauro lo sa e quindi inventa ossimori
come quello dell’angelo cogitante
che ha nome Mercuzio, angelo scherzoso,
allontanante da sé vaniloquentia et iactatio.
Discorso sereno, gioioso il suo,
che nasconde con astuzia la tristezza,
come il Mercuzio scespiriano,
la tristitia rerum tenuta a bada finché può;
il suo è frugamento dell’anima braccante
qualcosa che doni al dubbio parvum amuletum
ad animum nostrum modice confirmandum,
rincuorante noi, amici suoi,
rimestanti lepidezza e seriosità insieme,
bevitori d’indiche, aromatiche tisane fumanti
intercalando senza metodo cartesiano
parvenze di sillogismi e facezie,
distesi su divani in salotto d’ospite
discepola di Jungo in raffinato bar mittel europeo,
all’ora solita, cotidie, noi, soggetti smarriti.


Caro Mercuzio,
ho letto con invidia la tua capacità di comporre un dialogo di tipo platonico mischiato con sprazzi pirandelliani (“Ciò che raccontiamo di noi è realtà, pura realtà. È realtà!” “No, no, è fantasia, siete tutti matti. Via di qua!”), condito con il riso multicolore di un angelo/clown, come si fa di solito con amici che soprattutto amano calorosi rapporti umani.Amici disdegnanti aride solitudini e stupide presunzioni.Risponderti non è facile dopo la lettura di vorticose illuminazioni. Io sono invece un vulcano in via di spegnimento, al fondo del quale ci sono braci esalanti spirali di fumarole. In verità l’immagine del vulcano è ben lontana dall’esprimere quel che sono stato nella vita.

Nella vita ho amato le quiete distese del mare, i soffusi tramonti color pastello del mio lago, i sereni pendii dei monti e le rocce, quiete nel tempo che irreparabile fugit.Parto dalla fine del tuo dialogo dove ad un tratto parli dell’amore, esperienza umana tra le più belle e più rare. Una parola (l’amore) che non è semplice flatus vocis, ma è realtà pervasiva che ci ha dato la vita (siamo nati in seguito ad una attrazione amorosa sprigionata dai sensi) e che “muove il sole e l’altre stelle”: L’amore è sempre stato, per me, un tranquillo flusso che mi ha legato ad alcune esistenze sotto il segno di Venere che ad “amar conforta”, ovverosia “esorta, sollecita”. Questo è il maggior bene che abbia avuto dalla vita, molto più del sapere. Non mi importa affatto conoscere le mirabili scoperte matematiche di Gauss, se nel contempo non avessi l’amore; e potrei proseguire, sull’esempio di Paolo di Tarso (vedi Corinzi), nell’elenco dei saperi. Non potrei lasciarmi affascinare dalle Disquisitiones Arithmticae di Gauss se non mi innamorassi della loro bellezza. Su questa mia asserzione il nostro amico Sebastianus, mathematicarum artium peritus, at a philosophiae cogitationibus abhorrens, senz’altro ─ opinor ─ sarà d’accordo. Ne sarei felice.


Penso che il fluire dell’amore nella sua completezza, cioè se è corrisposto, lo si ravvisi, sia pure allo stato apparentemente elementare, nella natura inorganica. Il mondo atomico è un microcosmo di relazioni incredibilmente complesse in cui particelle subatomiche chiamano altre particelle. L’acido solforico è un’unione di elementi ( H2SO4 ). Certo, siamo nel regno della necessità; questi legami sono forze che, necessariamente, in date circostanze, si attraggono e si uniscono. Mi viene il desiderio di leggere, a sostegno della correlazione fra mondo fisico e mondo umano in tema di attrazione, lo scritto di Goethe le “affinità elettive” dove si allude a quel particolare fenomeno chimico per il quale due elementi associati, sotto l’azione simultanea di due altri elementi dotati di certe determinate proprietà, si disgregano, associandosi con questi ultimi in due nuove coppie, per legge di reciproca attrazione (è la storia raccontata nel romanzo, la storia di Eduard, Charlotte, Ottilia e il Capitano), per necessità, come se il carattere di ineluttabile necessità, che è proprio delle leggi della natura, si sia trasmesso anche al sentimento degli uomini. È come se una forza magnetica, analoga a quella che impera nel mondo, agisca anche sopra le anime, entro le anime.Non dice forse Francesca che “Amor,… al cor gentile ratto s’apprende” (Inf. c. V, v. 100), cioè che Amore trova facile accesso in cuore gentile? Il cor gentile è l’ animo nobile. Poi (v. 103) Francesca esclama: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”, Amor che non permette (perdona) che chi è amato non ami la persona che l’ama.In verità, amore è forza primigenia, che è un tutt’uno con l’istinto di vita, il desiderio, la volontà di vivere. Si ama, si desidera vivere. La radice di amare sembra derivare dal sanscrito ka, kam, che significa appunto desiderare, amare; e dal greco maomai “bramo”, connesso con menos “animo, principio di vita e di forza; principio di volontà, brama”. L’infante appena nato s’attacca alla mammella della madre per trarne alimento e vita. Le carezze della madre lo rassicurano dopo il trauma di apparire alla vita.Amore quindi è energia che percorre il nostro esserci; forza che permette a noi di esserci, non in modo caotico, confuso, disordinato, informe (un qualcosa che è simultaneamente orecchio ed occhio oppure lingua e naso, e così via). Una energia intelligente, nel senso che si muove secondo strutture razionali, funzionali, in cui agisce il caso, a sua volta condizionato dalla selezione naturale secondo la quale una farfalla sopravvive perché con i suoi colori si confonde con la corteccia di un albero e quindi facilmente non diviene preda di uccelli predatori. Il colore delle ali della farfalla non è voluto consapevolmente dalla farfalla stessa, ma dal caso. Ciò nonostante, al caso si unisce la necessità che sopravviene con le sue leggi fisiche, chimiche, biologiche per cui una farfalla è una farfalla, e non un gatto. Quindi, le farfalle e i gatti hanno una loro storia, benché di questa essi non siano consci. Ecco, appare per la prima volta il termine coscienza, dal latino conscire, “aver coscienza, consapevolezza di”. Ma sulla coscienza, dopo.Quando si parla dell’amore, lo si deve intendere come forza che si dispiega in mille forme, da quella semplice che si identifica con l’amor vitae (istinto di sopravvivenza), all’amore materno, filiale, coniugale; l’amore/amicizia tra persone che non hanno legami di parentela, Comunque abbiamo a che fare con un sentimento che è definito con parole contenenti la stessa radice, am─.


Si può anche amare un paesaggio, il proprio paese, che è diventato un luogo dell’anima, il ricordo di un viaggio che suscita visioni che fanno parte essenziale della nostra vita; si può amare un animale e piangere sulla sua morte; si possono amare fiori e piante con cui alcuni sono addirittura capaci di porsi in comunicazione. L’amore per il Bene e la Giustizia può essere tanto forte da spingerci ad offrire la nostra vita, a testimonianza, dinanzi a chi perversamente li nega, della loro presenza sacra in noi. So benissimo che qualcuno può qui obiettare che, quando parliamo di Bene e di Giustizia, entriamo nella sfera della soggettività. Questo è un altro problema da discutere a parte per la sua complessità. Qui mi limito a dire che, allorché si parla di Bene, si dovrebbe fare riferimento a un bene concreto, non ad una idea astratta, che per la sua astrattezza è vuota. Si può invece, analizzando la realtà e utilizzando quindi gli strumenti scientifici della ricerca antropologica, che nell’uomo esiste l’impulso alla conservazione di sé all’interno di una società non conflittuale in cui emerge la consapevolezza di darsi delle leggi.

Quali leggi? Vi sono leggi buone e leggi non buone. Le leggi sono soggette ad evoluzione storica.

Dovremmo parlare di evoluzionismo culturale. Per il momento parliamo dell’impulso alla vita e all’amore. Quelli che faccio sono rilevamenti desunti da fenomeni. È un metodo pragmatico. L’amore è una energia che percorre la nostra esistenza biologica, come la corrente elettrica fluisce lungo i filamenti di rame o altro materiale per dare luce. Per nobilitare questa forza, questa energia (en─, “dentro”; érgon, “opera, fatto azione”) è stata assegnata ad essa una parola, che muta nelle varie lingue e che significa “spirito”.Lo spirito di vita. L’amore che muov soli e stelle, e ci dà la vita, non solo quella biologica, ma pure quella psichica (sentimenti, affetti, desideri …).Vero è che l’amore è multiforme. Può essere passione coinvolgente i sensi, dolce contemplazione di persone, di esseri od oggetti che ci affascinano. L’amore è relazionalità; una relazione può interrompersi, svanire, sostituita da un’altra. Caratteristiche dell’amore sono la specificità e la prossimità. L’amore è specifico perché le varianti delle esperienze individuali sono infinite, non imitabili se non con artificioso imitazione. Inoltre, l’amore tende a porre in atto tutta la sua energia solo in rapporto al suo prossimo (Ama il tuo prossimo come te stesso). In questo caso il prossimo non sono tutti gli altri, ma solo quelli o quello/quella che sono vicini a te.


Prossimo infatti deriva da proximus, “vicinissimo”, contenente la radice di prope, l’avverbio significante “vicino, presso”. L’amore, icona della massima prossimità, è quello ricordato con struggente nostalgia da Francesca da Rimini, e cantato con passione solare nel Cantico dei Cantici, canto sacro e sublime, che ha il grande privilegio, secondo la interpretazione ebraica, di essere simbolo dell’unione di un popolo con Dio: ciò significa che l’amore tra uomo e donna, da cui è generata la vita, è il vincolo più grande e più bello di tutte quante le relazioni umane, ove l’attrazione sessuale si coniuga con il sentimento dell’amicizia, che qui raggiunge l’acme dell’intensità, ove l’uno non può far a meno dell’altra. Poi vi sono gli altri, più o meno prossimi, vicini, meno vicini, lontani, più lontaniCosì s’allontana l’oggetto del nostro amore, e appaiono tutti gli altri, sterminati, lontanissimi, non più visibili, ma di cui abbiamo sentito vagamente parlare, tutto quello che comunemente, ma erroneamente, chiamiamo prossimo; erroneamente, perché prossimo non è. Questa lontananza spaziale si riduce e quasi scompare; quando, però, si creano rapporti culturali, per cui si può amare una lingua diversa dalla nostra, si conosce l’arte di un altro popolo, il suo modo diverso di vivere, e così via. Si può arrivare ad amare una persona lontana e non mai vista. Jaufré Rudel cantò un “amore di terra lontana”, un amore irraggiungibile. Si può amare, attraverso parole che superano i secoli, una poetessa lontanissima nel tempo, Saffo.Ci si accorge che la vita su questo piccolo globo lega i popoli fra loro, avviati verso un futuro che attende tutti. Un futuro da noi creato.Che cos’è allora l’amore verso la specie umana, se non un amore intellettuale che s’identifica con quello di cui parla Spinoza quando definisce l’amore di Dio verso le sue creature un “amore intellettuale” ? “Dio ama se stesso, non in quanto infinito, ma in quanto può esplicarsi attraverso l’essenza della Mente umana, considerata sotto specie d’eternità”(Spinoza, Etica, parte 5(a), prop. XXXVI). Concludendo, e riassumendo, l’amore è una forza che tutto pervade, anzi è l’essenza, l’elemento base, costitutivo di tutti gli esseri inorganici e organici, dell’aria, dell’acqua, della terra, dell’ameba, del tentacolo del polipo, del bacherozzolo che è immerso nel molle terriccio e non vede mai il sole senza sentirsi minimamente triste, del nostro cuore e delle nostre dita.L’amore spinse Botticelli a dipingere Afrodite che nasce dalle acque. L’amore spinse Mendel a studiare i piselli e l’impollinazione dei fiori.Veramente l’Amore muove tutto ciò che esiste nell’Universo infinito ed eterno. È un tutt’uno con l’Universo. È l’Universo, la Totalità che è (voce del verbo essere), vive, esiste, qui, ora: la vediamo in quel piccolo sasso arrotondato che fu portato dal ghiacciaio sulla spiaggia del nostro lago.L’Amore è ll fiume eracliteo, l’Uno plotiniano, l’ipostasi trinitaria cristiana, il Dio come natura increata e creante di Scoto Eriugena, che contemporaneamente è natura creata e non creante,il Deus contractus di Cusano, il Dio di Giordano Bruno che è anima delle anime, vita delle vite, essenza delle essenze. il Dio spinoziano, natura naturans che si identifica con la naturata naturata, l’Assoluto di Hegel che si realizza nella storia.Dio è parola inflazionata.


Il secondo comandamento biblico (Non nominare il nome di Dio invano), prima di essere inteso come divieto morale di non pronunciare il tetragramma, con cui lo si raffigura, come una parola qualsiasi sminuendo in tal modo la sua immensa sacralità, innanzi tutto dovrebbe essere interpretato teologicamente, nel senso che il tetragramma, significante Io sono colui che è, si pone, nella sua incomprensibilità, totalmente al di sopra della nostra esistenza, sicché è vano nominarlo, in quanto vuoto di significato, pura emissione di voce, cui ci riferiamo per analogia, rapportando all’Essere tutto quello che consideriamo buono, bello, giusto. In fondo è quello che poi dirà Kant con i suoi postulati (Dio, l’immortalità dell’anima e la libertà del nostro agire morale).


Possiamo procedere solo per aenigmata. Ci soccorre l’Uno plotiniano che genera tutte le cose in un processo di emanazione. Queste sono considerazioni nostre (vale per Plotino e per tutti gli altri) che non si identificano con il pensiero dell’autore citato: è il nostro metodo, interpretare cioè i Maestri, con tutto il rispetto loro dovuto, per farli nostri.Precisato il metodo seguito, possiamo paragonare l’emanazione plotiniana con la sequenza infinita dei numeri che seguono all’infinito, sicché la mia identità è rappresentata simbolicamente con il numero 2 elevato ad una potenza n.L’Uno è l’unità assoluta, l’Essere che tuttavia, per essere deve diventare molteplice, deve essere seguito dagli altri numeri, ossia, fuor di metafora, dagli altri esseri per comporre la propria Storia, Historia Dei per animalia inanimaque, parafrasando la celebre storia di Gregorio di Tours (“Historia Dei per Francos”).L’Uno è presente come essere in ciascun numero: l’ 8 contiene, per esempio, otto volte l’uno. L’Uno è l’essenza di ogni numero, all’infinito (∞), e quindi è Totalità, che, per esistere, diventa necessariamente pluralità, senza la quale rimane un Deus otiusus (“Privo di forma” dice Plotino, riveduto e corretto, “non è nulla di determinato, né qualità, né quantità, né intelletto, né anima, né mobile, né immobile, né in luogo, né in tempo, ma è in sé stesso uniforme, anzi informe”); in conclusione, sarebbe il Nulla, se dalla Totalità potenziale (l’Uno) non seguissero .innumerevoli serie di esseri. Seguendo il metodo della conjectura (metodo suggerito dal nostro Cusano), Dio è il Pater procreator omnium rerum visibiluim et invisibilium: energia in potenza non oziosa, ma necessariamente, in aeternum, attiva. Le creature, inorganiche e organico, sono il Figlio, se vogliamo usare una allegoria cristiana.Poiché Dio non può non amare se stesso, così ama le proprie creature con cui si identifica, senza le quali non può essere. L’Essere esige necessariamente la pluralità degli esseri; inoltre l’amore per il proprio Figlio non può non concedere a questi la libertà, altrimenti il Figlio, cioè noi, saremmo semplici marionette che si muovono in seguito agli impulsi di un burattinaio che ha già scritto il copione di una storia infinita. L’emanazione plotiniana è un processo di degradazione.


L’esistenza del singolo essere non può giungere alla perfezione; se ciò avvenisse, sarebbe un duplicato della Totalità pura, cioè il Nulla. Non si può pensare il non essere perché il pensiero e l’essere sono la stessa cosa. Così dice l’altro nostro amico, l’eleatico Parmenide. Il Padre emette lo spirito suo nella storia; anzi, è Spirito d’Amore che partecipa alla Storia, è storia, è l’Uno che diventa Altro e, quindi, per necessità intrinseca all’Essere, che deve manifestarsi uscendo dal Nulla della Totalità, subisce la contractio, la degeneratio. Lo Spirito divino, per amore di sé, non può accettare di rimanere nella ipotetica staticità astratta. Lo impedisce la potenza immensa di energia di vita, una potenza che dovremmo misurare con un numero avente come esponente l’infinito (∞).


Lo Spirito divino è in noi, anzi, lo Spirito divino è tutta la nostra struttura fisica/biologica/psichica. Ciascuno di noi è figlio/emanazione di Dio.


Queste mie considerazioni possono essere utili per comprendere l’intuizione cristiana della Trinità.Nelle nostre discussioni appare il dilemma riguardante la concezione di un Dio impersonale o personale. Se assumiamo la concezione panteistica, come avviene in questo mio ragionare, parrebbe che la impersonalità di un Dio che, come Potenza/Energia/Spirito, costruisce il mondo secondo sequenze logico─matematiche obbedienti a rapporti di pura necessità, sia la ipotesi più probabile. Il grado di consapevolezza di sé in un sasso levigato da antichi ghiacciai su una delle spiagge del nostro lago, è del tutto assente. Almeno così sembra; lo stesso dicasi di un’alga che ondeggia nell’acqua del mare; credo che la vita psichica in un nido di processionarie verosimilmente abbia un tasso assai debole di vita psichic, prevalendo una attività regolata da istinti, e quindi assai scarsa, se non priva, di autocoscienza. Per concludere, il problema dell’immanenza dello Spirito nella contingenza storica, con la quale si identifica, va visto in un’ottica evoluzionistica.


Abbreviando il discorso arcinoto sull’evoluzione naturale (arcinoto in una semplificazione elementare), affermiamo che nell’uomo nasce l’autocoscienza, di cui la scienza ci spiega o spiegherà il meccanismo, senza che, con questa spiegazione scientifica, l’autocoscienza cessi di essere tale.Il paesaggio che vediamo dal nostro lungolago (la distesa dell’antico Benàco e i monti che lo circondano) ha una storia geologica di cui i monti e il lago non sono consci, ma che noi raccontiamo, inserendo la nostra storia nella loro. Il Dio persona − il Dio incarnato − è la nostra persona. Nessuno di noi ha mai visto Dio; per conoscerlo devo vedere in faccia un uomo. Gesù, cioè ognuno di noi, è vero Dio e vero uomo. Il fallimento nostro è il fallimento di Dio. Il dolore nostro è il dolore di Dio. La felicità nostra è la felicità di Dio. La Totalità, inverata nella storia, non può, essendo Totalità, non conoscere la deminutio. Il Male morale è l’ irrazionale che mette sottosopra il nostro mondo interiore, né più né meno di una imperfezione della sequenza del DNA che provoca una inerzia biologica di fronte all’attacco di virus e batteri, oppure è responsabile di deficienze biologiche gravi, tali da distruggere la persona. Nel Cottolengo di Torino si potevano osservare mostri, aborti della natura.


La contractio, necessaria allo Spirito per esistere nella pluralità delle cose e degli esseri, riduce lo Spirito a vivere nel tumulto della Storia. Non esiste un piano divino, una Provvidenza che tutto regoli, che tutto alla fine giustifichi. Il Regno della libertà si evolve conoscendo naufragi e lieti approdi. Il dubbio, l’ansia, la paura, lo smarrimento sono realtà della vita dello Spirito, come sono reali le opposte e complementari esperienze quali la certezza del conoscere e dell’agire, la serenità, il coraggio, la fede. È l’umanità a decidere della stessa sorte di Dio, perché essa è Dio, sia nel bene, sia nel male. “Siccome i mortali … invecchiano tutto dì, e finalmente si estinguono, così l’universo, benché nel principio degli anni ringiovanisca, nondimeno continuamente invecchia. Tempo verrà che esso universo, e la natura medesima, sarà spenta. E nel mondo che di grandissimi regni ed imperi umani e loro meravigliosi moti, che furono famosissimi in altre età, non resta oggi segno né fama alcuna, parimente del mondo intero, e delle infinite vicende e calamità delle cose create, non rimarrà pure un vestigio, ma un silenzio nudo, e una quiete altissima empieranno lo spazio immenso. Così questo arcano mirabile e spaventoso dell’esistenza universale, innanzi di essere dichiarato né inteso, si dileguerà e perderassi.” (Leopardi, Cantico del gallo silvestre).


Lo splendido brano di Leopardi, caro Mauro sotto la specie di angelo, ci fa sentire il dramma esistenziale della incomprensibilità del mondo in cui viviamo, quando rinunciamo a voler dare un senso al mondo, alla nostra vita. Il bisogno dell’uomo di capire come è fatto il mondo, di fare progetti, di guardare al futuro, di fare ipotesi non irragionevoli, questo bisogno, che è elemento essenziale della natura umana, come ci insegna una analisi antropologica condotta secondo un metodo pragmatico, basato cioè sui fatti, sulla realtà, è la risposta all’angoscia leopardiana, che è pure la nostra.I cosmologi ipotizzano che l’Universo sia in espansione e che al termine di essa vi sarà una lentissima contrazione, alla fine della quale tutta la materia/energia/spirito si ridurrà al punto iniziale precedente il big-bang, un punto iniziale avente una massa enorme, inimmaginabile.


Questo punto in cui si riduce tutta la materia dell’Universo (galassie, stelle, pianeti, satelliti, e tutta la materia vivente) è il raggio di luce che vide Dante nella sua trasfigurazione mistica: “Oh luce etterna che sola in te sidi, / sola t’intendi, e da te intelletta/ e intendente te ami e arridi … dentro da sé, del suo colore stesso, mi parve pinta de la nostra effige” (Par, XXXIII, vv. 123-131).Saremo là, eterne effigi, ātman, epifanie dello Spirito che in noi si è incarnato, nelle nostre essenze individuali, che, irripetibili, sono e saranno parte di quella Totalità, di quel fulgore di luce che vive eterno nella storia infinita degli esseri Pure Emanuele Severino si rivolge ai suoi eterni, nella sua recente rimembranza della moglie, scomparsa di recente (Il mio ricordo degli eterni, 2011), Cosmologi hanno recentemente teorizzato universi paralleli seguendo le tracce di Giordano Bruno che intravide con la fantasia mondi infiniti; già Origene, uno dei Padri della Chiesa, nel II/III secolo d.C., scrisse di mondi che concludono la loro storia e di altri che si formano. Esempi questi di intuizioni poetiche o di visioni profetiche che sono servite di stimolo a ricerche scientifiche o a successivi mutamenti culturali essenziali nella evoluzione della cultura umana. Vorrei citare, caro Mauro, per non apparire sognatore farneticante, un maestro del pragmatismo americano, William James, “la cui tesi, in La volontà di credere, è che, poiché la funzione del pensiero è quella di servire all’azione, il pensiero non ha il diritto di inibire o bloccare credenze utili o necessarie ad un’azione efficace nel mondo. Ciò non implica certo il diritto di credere a tutto ciò che si vuole. Occorre che l’ipotesi prospettata nella credenza sia di quelle che non è possibile dimostrare né vera né falsa; occorre pure che sia un’ipotesi viva cioè che faccia un reale appello allo spirito di chi se la prospetta; e occorre infine che essa sia importante, cioè decisiva per la vita dell’individuo e non si riferisca a questioni banali.. Ma se un’ipotesi ha questi tre caratteri, l’uomo ha il diritto di credere, senza aspettare che essa diventi un’ipotesi dimostrata … Mentre la rinuncia alla fede è rinuncia a tutti i vantaggi eventuali che da essa possono derivare, la fede invece ha questo vantaggio: può provocare la propria verificazione.


Questo è vero soprattutto nei rapporti fra gli uomini. La simpatia, l’amore si conquistano con la fede nella loro possibilità. E ogni organismo sociale, piccolo o grande che sia, si regge sulla fiducia che ognuno farà quello che deve, ed è quindi una conseguenza di questa fiducia. Ma James estende il principio anche alla struttura morale dell’universo. Anche qui l’uomo ha da fare con un può essere e deve assumersi il rischio della fede. Che, per esempio, la vita sia degna d’essere vissuta, è cosa che dipende unicamente dalla fede, giacché la vita è tale quale noi la facciamo dal punto di vista morale. Certamente, la fede nella bontà del mondo visibile si può verificare solo sul fondamento della fede in un mondo invisibile. Ma James ritiene che questa fede stessa possa, in certa misura, produrre la propria verificazione e che l’uomo si trovi anche qui di fronte a un può essere, di cui gli convenga accettare la responsabilità e il rischio” (cfr, The Will to Believe & other Essays, Watchmaker Publishing, 1919; il brano citato sopra è tratto dalla Storia della filosofia di N. Abbagnano, vol. VI, cap. VIII, pp. 222-223). Il grande compito che attende le prossime generazioni è quello di liberare le concezioni religiose dai miti che si sono fossilizzati nel tempo a supporto del potere ecclesiastico che fa da stampella a quello politico, precipitante spesso in forme totalitarie cui il dogmatismo religioso è un utile alleato. Più che liberarsi dai miti, sarebbe fondamentale, ai fini di una riforma religiosa, rendersi consapevoli che essi sono tali, cioè espressioni poetiche, nate in altri tempi, da interpretarsi ricorrendo ai progressi della scienza moderna.Nietzsche annunziò che “Dio è morto”, ma questo suo annunzio è da intendersi nel senso che “la fede nel Dio cristiano è divenuta inaccettabile” (La Gaia Scienza, par. 108, 125, 343). Esso è stato assunto come impegno di un rinnovamento del cristianesimo per ricuperare la purezza del suo messaggio. È nata così una nuova teologia di cui i massimi esponenti sono Bultman e Bonhoeffer. Questa teologia contrappone la fede alla religione istituzionalizzata, nega la trascendenza di Dio ed è quindi un panteismo, che trasferisce nel mondo della storia la speranza escatologica.Penso, tuttavia, che in una visione panteistica in cui la storia è eterna, la visione escatologica non può essere intesa come fine della storia, ma come progressione temporale i cui esiti ad infinitum se non sono inseribili in un disegno divino predeterminato, soggiacciono comunque ad una evoluzione in cui dalle forme più semplici si è passati a quelle più complesse, più evolute sino all’apparizione dell’autocoscienza e della libertà. L’umanità, in cui s’è rivelato lo Spirito di Libertà (ecco il vero senso della rivelazione cristiana) ha la caratteristica precipua di progettare e di realizzare il Regno di cui parla l’Apocalisse che, per inciso, non significa “fine del mondo, catastrofe”, come nell’accezione comune, ma rivelazione.


Lo stesso calcolo della probabilità, in una serie infinita di possibilità, dovrebbe confortare e rassicurare la nostra fede secondo la quale l’uomo, antropologicamente mutato, costruirà un mondo migliore. Teilhard de Chardin, antropologo e teologo, sostiene che la terra, in un processo ascensivo (dagli atomi, alle molecole, alle cellule e così via) è stata avviluppata da una nuova sfera, la noosfera, al di sopra della biosfera. Il Regno esiste già; iniziò ad esistere molto tempo fa, quando i primi uomini di Neanderthal e di Cro-Magnon cominciarono ad avere la conoscenza del Bene e del Male. Furono i primi Adami. Dovettero porsi i primi problemi riguardanti la responsabilità delle scelte: “Faccio bene, faccio male?”. Teilhard de Chardin ( in Il fenomeno umano ) ritiene che l’evoluzione, nei suoi momenti successivi di materia (H2O), vitalizzazione della materia (l’ameba delle origini), l’ominizzazione della vita, non sia ancora terminata, e che l’umanità si diriga verso una super-umanità futura, costituita da persone mosse dalla solidarietà e dall’amore. L’amore fra gli uomini, sostiene Telhard de Chardin, trova il suo centro e la sua meta nel punto Omega, che è il termine inscritto nella materia primordiale ed il fine immanente dell’evoluzione. Egli identifica il punto Omega con Cristo e con l’incorporazione dell’Umanità in Lui, concepito come coscienza e Persona infinità che fonda e dà un senso a tutte le coscienze e le persone finite. Penso che, in una concezione panteistica, si debba rettificare la conclusione cui arriva Teilhatd de Chardin. Innanzi tutto non esiste una meta nel ciclo evolutivo. La storia di Dio, che si identifica nella Natura, è una manifestazione di Dio che è tale (Dio rivelazione) perché è potenza che necessariamente diventa atto. È Dio che parla creando un cristallo, un prato di margherite, un ciuffo di viole, una distesa di fiordalisi, un lombrico, il pelér, vento che spira ogni mattino sul nostro lago quando v’è il bel tempo. La Totalità non è un libro con pagine sulle quali non è scritto nulla. Il microcosmo è tale (cioè Totalità che s’evolve nel tempo) perché infinitamente ricco di individualità. Il macrocosmo (la Totalità) contiene il microcosmo, anzi è il microcosmo. Macrocosmo e microcosmo sono la stessa cosa. Il Cristo di cui parla la mitologia cristiana è ciascuno di noi, figlio di Dio e figlio dell’Uomo, come si legge nei Vangeli parlando di Gesù, che può essere inteso come icona vivente dell’Umanità. La Totalità è il Tutto che non ha avuto inizio, ma è sempre stato, è, e sempre sarà. Il nostro atman (l’essenza di noi che sopravvive perché nulla si dilegua nel nulla) rimane nello svolgersi dell’evoluzione in quanto particella necessaria al Padre che, nella sua intelligenza e nel suo amore (qualità inscindibili) non può abbandonare il frammento prezioso della nostra vita, svoltasi nel bene e nel male, quest’ultimo patologia diffusa negli esseri che non conoscono la purezza totale. Nessuno è santo. La santità nella contingenza della storia non esiste. Esiste solo, in quelli che vogliono essere buoni, solo l’aspirazione ad essa, ammesso che s’intenda la santità nel suo giusto significato, come dedizione agli altri, come amore. Noi sempiterni siamo destinati a nuove vite trascinati dal fiume eracliteo che ci condurrà verso una evoluzione di noi, come tutte le cose. L’evoluzione, per la sua intrinseca necessità, ci condurrà verso maggiori consapevolezze. Così è capitato nel passato quando un animale a quattro zampe ha cominciato a pensare e a volere. Così, non alla fine dei tempi, ma in un tempo futuro (alcuni milioni di anni?) avremo possibilità, ora inimmaginabili, tra cui ritrovare il nostro passato che è eterno, non per ripeterlo, in eterno ritorno, ma per custodirlo e ammirarlo come un’opera d’arte. Anche oggi si cerca di custodire il bello creato dall’uomo e di rappresentare artisticamente il male per rispetto di quelli che lo patirono, nel perdono/comprensione di coloro che lo compirono, vittime, a loro volta, di una patologia biologica e spirituale.L’evoluzione in atto ci spinge verso una fede che il nostro esserci si spiritualizzerà in forme diverse, molto più complesse, più ricche di vita, incomparabili con quelle attuali dove la morte ci angoscia. La nostra storia non finirà. L’universo, meglio sarebbe dire “gli universi”, è eterno. Il Padre di tutti noi esiste, quel Padre che mia moglie un giorno disse di essere accolta, dopo la morte, tra le sue braccia come una bambina.Che vi sarebbe stato prima del big-bang? Perché qualcosa sarebbe apparsa 13,73 + / − 0,12 miliardi anni fa? Perché l’Energia, che è vita, non avendo avuto inizio. ma è sempre stata, dovrebbe a un certo punto finire?Verrà giorno in cui sapremo molto, molto di più di quanto ora sappiamo, compreso il nostro essere eterni. Rinascerà Pitagora a spiegarci il significato vero, per ora nascosto, del cerchio e del perché la luce viaggi alla velocità di 300.000 al m/s. Sapremo che vi sarà pure la velocità del Pensiero nell’immensità dello spazio (immenso significa, lo sappiamo bene, sine mensura), Pensiero che vedremo coincidere con l’Essere. Non vi sarà né passato, né presente, né futuro che ci potranno arrestare, cancellare e ridurci a nulla. È assai probabile, anzi è deduzione ragionevole che universi infiniti paralleli al nostro mondo esistano già ab aeterno. Sono universi già divenuti paradisiaci. Anche il nostro lo sarà: Il Regno che ci trascende nel tempo che verrà in cui l’Umanità futura sarà una Super−Umanità, costituita da individui uniti fra loro da solidarietà e da Amore..


Mitologicamente parlando, questo Creato superominizzato sarà il Pantocrator.Un nuovo concetto di trascendenza appare senza essere affatto una realtà diversa dall’immanenza in cui il Creatore si identifica con il Creato.Ateisti aborrenti dal profetismo, quello sorretto da fede libera, serena e dotata da conjecturae rationales, questi ateismi ipocondriaci, gioiosamente e dogmaticamente proclamati, non sono in grado (per un loro complesso ipocondriaco e masochistico) di elaborare progetti e speranze riguardanti la sorte dell’uomo. Il risultato di rifiutare la virtù della fede (jamesianamente intesa) provoca quella cultura diffusa e dominante che Emanuele Severino ha chiamato tecnocrazia.

IL CLOWN E IL SUO ANGELO MERCUZIO

Sono alla conclusione del mio conversare e mi accorgo di aver solo accennato alla coscienza il cui problema occupa tanto le tue pagine di risposta all’amico Clown.Mi sembra che lui, l’amico Clown, e tu andiate in cerca del freddo nelle lenzuola. Con ciò non voglio dire che il tema dell’Io e della Coscienza non siano complessissimi e suscettibili di diverse ipotesi. Sono d’accordo con te che l’Io, cosciente o non, è un contenitore multiforme, una specie di Proteo.Ma, vivaddio, l’Io dell’uno è diverso da quello dell’altro. L’Io è pure Persona, cioè un individuo che ha avuto dal momento in cui è stato concepito, esperienze completamente diverse da quelle di tutti gli altri, a cominciare dall’eredità genetica.


Poi, dalla prima infanzia sino alla vecchiaia, siamo i recettori di stimoli, informazioni, contenuti provenienti dall’ambiente in cui viviamo, e da altri tempi e spazi: sono gli Altri che ci parlano. Quante volte abbiamo discusso sull’alterità, sulla relazionalità! La relazione tra Io e Tu è fondamentale per la crescita e lo sviluppo della nostra persona, sempre uguale e sempre diversa. Noi due siamo diversi perché, ad esempio io, fra mille e mille esperienze, non conosco l’Irpinia se non dai tuoi racconti e da quello che mi dice la storia, qualora volessi approfondire l’argomento; ma non potrò mai conoscere la Tua Irpinia che fa parte integrante della tua esperienza. Ecco in che consiste l’identità di una persona. Giambattista Vico non è Emanuele Kant.


Tu, Mercuzio, non hai fatto la mia esperienza di guidare, all’età di nove anni nel 1938, il battello a pale Zanardelli, nel tratto tra Castelletto e Gargnano sorretto dal marinaio-timoniere Ceccon perché le mie braccia di fanciullo non riuscivano da sole a sorreggere il timone. Un’esperienza che ha contribuito a costruire la mia vita. Te lo immagini un bambino che guida un grosso battello della flotta del Garda? Siamo uno e centomila perché innumerevoli furono le esperienze e le conoscenze che via, via aggiunsero qualcosa di piccolo o di grande alla nostra persona senza con questo disgregarla, perché il pilotaggio che feci sullo Zanardelli lo conservo gelosamente nell’animo come conservo il ricordo del braccio, divenuto giallastro, di Carlo Vischioni lasciato per alcune ore in un fossato dopo il bombardamento del Viadotto, il 22 luglio 1944. Frammenti della memoria, meglio, per stare nel tema, della coscienza: frammenti che brillano alcuni di gioia, altri provocanti dolore.


Uno e centomila, ma non nessuno, con buona pace di Pirandello. Nel vuoto contenitore indicato dalla parola nessuno non può essere collocato il rapporto tra me, ragazzo quindicenne, e il braccio abbandonato per alcune ore sotto il sole del 22 luglio 1944.Ich und Du (“Io e Tu”) è il nucleo della filosofia di Martin Buber. Né l'Io, né il Tu vivono separatamente, ma essi esistono nel contesto Io-Tu. Non voglio ora soffermarmi sulla filosofia di Buber, che tu conosci bene. Dico semplicemente che la relazione con gli Altri dà la possibilità di convivere nella polis salvo che le leggi scritte non contrastino con il nostro sentire, un sentire dell’animo, della nostra coscienza (si veda il contrasto tra Creonte/Gengis Kahn/Napoleone/Hitler, e Antigone).Antigone segue le leggi del cuore, l’impulso che a lei proviene dal profondo del suo essere. Antigone, nella libertà di spirito che non conosce servilismo, sa ascoltare quello che natura (in verità lei parla di leggi divine, ma noi modernamente traduciamo) le ha instillato sin dalla sua nascita, cioè l’impulso a dialogare con gli altri, a vivere armonicamente con essi senza ricorrere alla violenza, ad aver bisogno di essi in un reciproco dare.

Questa è una morale naturale, laica, non discesa da alcun monte in quanto dettata da un Dio che alcuni pretendono parli dietro nubi tempestose.

Ti saluto caramente, in attesa di altri nostri conversari.

commento al post "LA COSCIENZA DI NANOS DIALOGA CON L'ANGELO MERCUZIO"
http://radunonazionaleclowndottori.blogspot.com/2012/02/la-coscienza-di-nanos-dialoga-con.html

La "CO-SCIENZA" di Simone
(amicissimo del mio Angelo Mercuzio, pare che lui sia un Arcangelo.)


La Bellezza.... dell'Amore Infinito!