domenica 17 luglio 2011

IL CORPO DEL CLOWN: L'ACROBATA

Il clown acrobata lavora sul corpo, sul sentire il suo filo, il sul peso, la terra per entrarci.

Un pò come aprire il sipario e fare il primo passo (un uscita, non uscita).

Il corpo del clown si accompagna sempre con gesti semplici (quotidiani) sottolineati dalle sensazioni a cui aggiunge una vocale. Si! Una sillaba alla volta, come il soffio del respiro che ci accompagna tutti i giorni ed al quale non facciamo più caso.

Il clown non sta mai seduto, se si siede lo fà dentro di se e si osserva per vedere il “suo” spettacolo.

Trova un significato nel suo gesto. Egli va all’essenza, senza trascurare il particolare. Non si supera, se il pubblico non vuole. Sta li fino a che il pubblico non gli dice basta. Una semplice trombetta e il suo corpo è in movimento per comprendere come può trasformarsi nello strumento migliore che lui può avere a disposizione. L'oggetto stesso diventa corpo, semplicemente traducendo il suono in movimento ed emozioni.

Il clown è ostinato ed egocentrico perchè si diverte all’infinito.

Anche in compagnia di un altro clown riceve un ritmo, partendo da un gesto involontario. Lo accoglie e rende partecipe il suo amico in un dialogo tra corpi. Dove il semplice "tu" li avvicina in un cammino senza mai toccarsi, ma solo sentendo l’emozione che sale su dal corpo.

La famiglia clown quando si riunisce in gruppo si presenta per lo spettacolo fatto solo di gesto, una sola parola e l'emozione che si prova accompagnando il gesto. Emozione che può essere di rabbia, di amore, di paura.

Nel medioevo il gesto veniva considerato come coinvolgente tutto il corpo e l’essere nella sua volontà. Ogni gesto era classificato, tanto da arrivare poi alla stesura del Galateo nel 1600. Non sembra a caso che la stesura del primo galateo si data in quel periodo, tardo medioevo, inizio della "era moderna". E, non a caso forse il primo galateo fu scritto da un prete Giovanni dalla Casa.

L’espressioni esteriori dell’uomo (foris) comunica le disposizioni e i moti interni (intus/dell’anima) ma occorre distinguere, come accennavo prima nella nota sul mio clown acrobato, tra gesti (gestus) e gesticolazione, cioè agitazione gestuale e altri contorcimenti, salti capriole ecc. che potevano far pensare al... diavolo!?

Per un verso in quel periodo lo stesso ridere a squarcia gola non veniva preso come una cosa giusta, ma come un indemoniamento. La gestualità veniva da una parte esaltata, ma anche vista con diffidenza. Il corpo non si poteva dichiarare vinto.

E, così in nome della ragione e della morale vennero anche messi al bando, in alcuni casi, le deformazioni della bocca e del volto. La stessa danza oscillerà tra due modelli biblici ed antagonisti l’esempio positivo è la danza del Re Davide e l’esempio negativo la danza di Salomè. Ne derivò così in quel periodo (1100-1300 d.c.) la condanna stesso del teatro comico da parte della chiesa.

Il corpo fu rivalutato con San Francesco che lo chiamò “fratello corpo” e anche i gesti del corpo assunsero un forte significato "rivoluzionario" per l'epoca. La nudità di San Francesco resta il simbolo della sua rinuncia alla ricchezza e di per se un'atto appunto "rivoluzionario".

Lo stesso corpo venne indicato nelle fasi della vita di un uomo da Pitagora con il numero quattro, che a quanto scrive Diogene Laerzio, ogni parte della durata di vent’anni sono corrispondenti ai quattro umori descritti dalla medicina di Ippocrate:

Il bambino umido e caldo;
• Il giovane caldo e secco;
• L’uomo adulto secco è freddo;
• Il vecchio freddo e umido.


Tutto ciò in sintonia con le quattro stagioni, create da Dio secondo la Genesi. Il quattro significava anche il microcosmo, e come l’uomo per questo somiglia al cosmo ed è fatto della stessa materia dell’universo. La stessa medicina dell'epoca non separava il corpo dallo spirito, cosa che in futuro è stato fatto dalla scienza che ora sta risconprendo nuove frontiere.

Oggi sappiamo che la stessa postura del corpo ha significati profondi e diversi per la vita dell’uomo. Nel processo dell’analisi bioenergetica Reich sviluppata poi da Alexander Lowen si parla di un viaggio alla scoperta di sé, quel "se" che io definisco senza accento perchè capace di "congiungerci". In certi casi può prendere l’intera esistenza dell’uomo, ma pare che la ricompensa sia il sentimento che la vita non sia passata invano.

Ecco il corpo, i gesti, la postura, le sensazioni che ognuno può vivere nella propria esperienza di ricerca del proprio clown racchiudono in maniera forte questi "misteri" e questi "pregiudizi" nei suoi approcci. Il dolore non è estraneo e qui bisogna aver coscienza che le stesse lacrime sono un dono: parlo di lacrime non metaforiche, ma di lacrime fatte di acqua e di sale, che salgono agli occhi e scorrono sulla viso fino alla bocca. Di quelle che quando le assaggi con la punta della lingua dici che buone che sono, devo piangere più spesso.

Il riso, non solo il sacrificio ed il pianto, fu rivalutato da San Francesco “giullare di Dio” e mentre prima il corpo era diviso in parte nobili e parti non nobili lui gli attribui il nome di "fratello corpo".

La parte alta con la testa il tronco erano indivuate come buone mentre le parti basse braccia, mani, ventre e il sesso, male. Insomma la testa è sul versante dello spirito, il ventre su quello della carne.

Questi significati hanno condizionato nel bene e nel male la stessa nostra epoca, che sempre più però tende oggi ad unificare il corpo e la mente. Arrendersi al corpo può significare comprenderne i motivi delle sue tensioni e così prendersi cura (autentica) di se stessi.

L’anima e il corpo non più separati. Il corpo è strumento per la realizzazione dell’anima. Lo stesso rito dell'eucarestia invita a mangiare il corpo come atto sacro, nel senso non del sacrificio ma come gioia di dividere un miracolo di rinascita e quindi di gioia.

Lo stesso periodo nuovo a partire dal 1500, l'età moderna, farà agire i cinque sensi all’interno di un umanesimo attento a valorizzare l’uomo nella sua interezza. Un corpo civilizzato resta anche nell’arte e nella creatività del medioevo.

“Orecchi e bocca, voi occhi e naso , e il sensitivo inoltre” sono versi di una poesia di Francois Villon che sembrano rappresentare in maniera perfetta gli strumenti del clown, gli stessi che furono messi al bando in quel periodo di grandi "rivoluzioni".

Francois Villon esprime in altre sue poesie e scritti magnificamente la tensione esasperata tra un corpo bello e gaudante e un corpo deteriorato. Lui allevato nella stessa chiesa conosce la quaresima, anche se con pochi risultati, canta ed esalta il carnevale. Il suo “testamento” imita gli antichi, ma si chiude con una processione burlesca che abolisce le gerarchie sociali e la pregnanza dell’animalizzazione diviene il mezzo per introdurre le attività fisologiche del corpo, ricondotte tutte alla sfera universale. Lo spirito e il corpo cosi iniziano a riappacificarsi.

Il percorso del Clown è una danza tra lo spirito ed il corpo. E’ la consapevolezza dell’interezza, del come la mente può influenzare il corpo, e di come il corpo può influenzare la mente. Lo stesso comportamento è fisiologia, é biologia. Se attraverso il gesto, le sensazioni riscopro l’interezza del mio corpo posso modificare il pensiero, e così posso migliorare il funzionamento del mio corpo ed anche il mio comportamento. Se il mio corpo è un microcosmo attraverso la ricerca del gesto (giusto) e della sensazione (giusta) posso contattare il tutto, e comprendere cosi che l’universo è amore.

Ogni nostra debolezza crea insicurezza, ma la stessa insicurezza è solo retaggio di un comportamento che blocca e condiziona il corpo, se sblocco il corpo, sblocco la postura e la stessa consapevolezza. Per questo il clown è sempre alla ricerca dell’essenzialità del gesto. Perché lui sa che il corpo è terra, è cosmo.

Il corpo del clown è vuoto, ma lui sa che il vuoto è una cosa che appartiene a tutta l’umanità. Lui così usa il corpo come un "bio-potere" , cioè di un potere "la cui funzione suprema ormai non è più forse uccidere, ma investire la vita in ogni suo aspetto". (M.Foucault)

Nanos l'acrobata


LA BALLATA DELLE COSE DA NIENTE
(F. Villon 1548)


So vedere una mosca nel latte,
So riconoscere l'uomo dall'abito
So distinguere l'estate dall'inverno
So giudicare dal melo la mela
So conoscere dalla gomma l'albero,
So quando tutto è poi la stessa cosa,
So chi lavora e chi non fa un bel niente,
So tutto, ma non so chi sono io.


So valutare dal colletto la giubba
So riconoscere il monaco dall'abito,
So distinguere il servo dal padrone,
So giudicare dal velo la suora,
So quando chi parla sottintende,
So conoscere i folli ben pasciuti,
So riconoscere il vino dalla botte,
So tutto, ma non so chi sono io.


So distinguere un cavallo da un mulo,
So giudicare il carico e la soma,
So chi sono Beatrice e Belet,
So fare il tiro per vincere ai punti,
So separare il sonno dalla veglia,
So riconoscere l'errore dei Boemi,
So che cos'è il potere di Roma,
So tutto, ma non so chi sono io.


Principe, so tutto in fin dei conti,
So vedere chi sta bene e chi sta male,
So che la Morte porta tutto a compimento,
So tutto, ma non so chi sono io.

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