Ieri mi è arrivato un sms “c’è una crepa in ogni cosa……. (tratto da "Anthem" una vecchia e bellissima canzone di uno dei miei cantautori preferiti Leonard Coehn) . E, mi sono chiesto subito come non rispondere alla polemica?
(strutture di un fotone sulla base degli studi di Renato Palmieri: due visioni)
E, si è una controversia accesa e prolungata vecchia quando il mondo. La polemica riguarda: ruoli, saperi e poteri e in contrasto alla possibilità di ricercare “nuove vie” che dovrebbe essere il compito di tutti gli uomini.
La stessa polemica si identifica in questo caso con una contestazione a mia opinione fine a sé stessa, fatta per puro spirito di difesa di un ruolo e/o di una forma di potere. Il potere diceva Fucault non è solo il “potere” ma “il micro potere” del quotidiano, che si consuma in tutte le nostre relazioni: famiglia, lavoro, ambienti sociali, ecc.
In questo caso anch’io scelgo tre osservazioni sull’apologia della polemica:
A. messaggi costruiti più per cercare e sottolineare eventuali errori o imperfezioni altrui per proporre una visione personale senza la possibilità alcuna di arricchire gli altri con un contributo originale e articolato (crepa);
B. rispondere a delle singole frasi, ma senza neppure aver letto o compreso il senso che esse hanno e il contesto (crepa);
C. cercare il singolo appiglio ove far leva; la piccola “crepa” che consenta di attaccare le idee altrui piuttosto che sovrastarne l'edificio con la superiore altezza del proprio (crepa).
A questo punto qualcuno di voi mi potrebbe dire ma si però che cosa vuoi dire adesso. Non si capisce ma so che me lo direste per mero spirito polemico e quindi non mi interessa in proposito nessun vostro parere.
In questo caso le frasi non sono mie, a dirla tutta, sono osservazioni di un’altra persona a cui ho raccontato l’episodio oggetto di polemica e credo pure che questa persona si sbagli, ma in questo caso mi fa gioco riportarle e prenderle come riferimento dell’apologia della polemica sulle “crepe” senza speranza.
Sappiamo tutti che la polemica è priva di ogni aspetto negativo o positiva è fine a se stessa, è sterile non è una vera è propria critica ma solo esercizio di puro potere. Un medico amico di cui non faccio nome mi disse che chi diceva di non fare il vaccino contro la “suina” era un criminale. Alla fine gli feci presenti che c’erano molti medici che sostengono questa tesi. E, lui mi disse: “anche tu sei un criminale!”. Ed io gli risposi ma io non sono medico, sono solo un clown. Alla fine mi chiese scusa.
A differenza della polemica, la critica richiede di essere costruttiva o distruttiva con l'intento di proporre, e non solo di rilevare. E' comunque basata su argomentazioni solide, ragionate e fortemente convinte. La polemica ha invece come unico scopo quello di "parlare sopra", tenere accesa una discussione senza necessariamente proporre alternative, nuove visioni, ma rilevando ed evidenziando quanto viene fatto emergere sul tema.
“Nuove visioni”?
Nel frattempo verifichiamo che cos’è questa “luce che entra”. Tutti sappiamo che la luce è un fotone. Il fotone, come tutte le cose in natura si muovono. Il movimento del fotone è alimentato da un meccanismo (se così lo possiamo chiamare) da un motore “perpetuo” che generandosi e proiettandosi nel buio di una crepa genera altro. La vita, ogni cosa. La luce ha bisogno del buio per generare, nel senso del vuoto dell’abbandono, nel senso di far spazio.
Datemi un punto di appoggio e vi sollevo il mondo. Ora cercare il singolo appiglio ove far leva; la piccola crepa che consenta di attaccare le idee altrui piuttosto che svuotarsi con la capacità della luce di riempieri i vuoti delle nostre crepe , polemicamente con me stesso devo dire che l'ultimo episodio oggetto di polemica va rimosso da tutti avendo coscienza che ognuno probabilmente resterà della sua opinione, ma è in questo che c’è bisogno di comprendere ora il ruolo di questo “fotone” (luce) che entra o esce dalla crepa.
Ora se per entrare o uscire dalla crepa il “fotone” dovesse disporre di una crepa ideale e superiore a quella degli altri sarebbero in ben pochi ad accettare che il “fotone” potesse uscire o entrare.
E qui bisognerebbe chiedersi a noi che vogliamo costruire Castelli in Aria ma può questo castello in aria restare da solo senza che a fianco ad esso sorgano nuove città , paesi e comunità proloco senza scrivanie e segretarie isteriche o stereofoniche?
La verità che il castello in aria da solo non avrebbe alcun senso.Ora il “fotone” non è al momento ne riuscito ad entrare ne tanto ad uscire. Eppure sappiamo che li c’è luce. E, luce fu? Ma!
Qui resta il tema della crepa, perché: c'è una crepa in ogni cosa, ma è così chiaro perché è facile attaccare le idee altrui o le cose che fanno gli altri facendo leva su qualche piccola fessura o crepa che si è creata con il rischio che ciò possa produrre molte “macerie nel cuore”.
Questa storia del “fotone” che non riesce a passare però è solo nella mente dell’uomo perché in natura , per fortuna , questo capita molto spesso. Forse è una proprietà insita nelle scienze umane, nel linguaggio stesso che non sembra proprio fatto per comunicare idee, esperienze, per aprire finestre oltre che crepe per far passar la luce.
Il problema è ma se è vero che ciò si verifica in natura perché al nostro cervello non ci appare? Ma è così chiaro non sappiamo osservare la natura. O meglio quelli che l’hanno cercata di osservare da un punto di vista diversa sono stati oggetto di polemica e di scherno, sempre è comunque per dinamiche di potere.
Eppure se stiamo alla legge unigravitazionale di Renato Palmieri (legge dell’attrazione, spiegata scientificamente parlando) il fotone (la luce) è “…la struttura e funzionamento della particella ultima dell'universo fisico che ha la propria ragione in se stesso, non essendo riconducibili per la stessa loro definizione di "extremum physicum" a niente altro che sia fisicamente analizzabile.”
Ecco perché forse non riusciamo a vedere la vera luce perché la dovremmo trovare solo in noi stessi e non nell’altro. D’altronde se l’universo è luce, anche noi siamo luce.
Sembra un gioco di parole, quando trasformiamo un'idea in parole e le comunichiamo ad altri, questi le ricevono e le interpretano riportandole allo stato di idee nel loro cervello. Il significato ne viene necessariamente stravolto. Così anche se, per assurdo, la “crepa” non esistesse nell'idea originale, si viene a formare nel corso di questo processo. E il polemista troverà terreno fertile per le sue dissertazioni. Ma la ricerca delle crepe è una colpa? E' un atteggiamento negativo? No, se una crepa c'è non è perché qualcuno la cerca. Se ne sta lì in attesa di allargarsi e far crollare l'intero edificio di idee quando meno te lo aspetti. Magari presa per tempo potrebbe essere richiusa, sanata, e la polemica può aiutare in questo senso. Ma ciò impone un interlocutore che abbia capacità di ripensare, rivedere, di abbandonarsi, e non di controllare le proprie idee, le proprie motivazioni e rafforzarle in fine solo con logiche di potere fine a se stesse argomentandole solo con l’obiettivo che diventino diventino più solide e stabili e non semmai farsi attraversare.
Mi diceva il mio scienziatissimo amico Renato Palmieri che lui per non essere preso per pazzo ha dovuto attendere i suoi 85 anni per divulgare (come ha fatto ieri sera a Napoli (il suo teorema della quadratura del cerchio sul V postulato di Euclide) tanto.
Quando come in questo caso una dimostrazione matematica viene sottoposta ad altri matematici questi la analizzano cercando il rigore logico di ogni passaggio. Se una sola “crepa” viene trovata l'intero costrutto crolla. La ricerca però non è fatta con lo spirito di (luce) aiutare a trovare una soluzione ma solo con quello di “verificare” quella proposta e/o di limitarne la sua azione.
Nella sostanza lo spirito usato è molto più simile a quello polemico che a quello critico e molte volte ciò nasce dai nostri cervelli più a volte pieni di rabbia e di tristezze.
Chi individua una crepa deve proporre un'alternativa.
Ci sono stati pensatori pieni di luce che hanno semplicemente osservato la natura ed hanno letto cose che altri non vedevano perché? Ma è semplice perché si ponevano difronte a questa esperienza con gli occhi di un bambino come Renato Palmieri.
Ecco riprendere in mano le nostre argomentazioni, per far entrare o uscire luce dai nostri cervelli significa abbandonarsi , rimettersi in discussione, ripulire il nostro cervello, mettere a posto le crepe e farsi attraversare da soli dai “fotoni”.
Se la crepa è stata trovata proviamo rimetterci in discussione “per non entrare nell'elenco di quelli che avevano fallito”.
In definitiva, la polemica sulla “crepa” e sulla “luce” sta nel “riconoscersi” e non ha necessità di proporre altre visioni, altre proposte, ma dovrebbe portare ognuno di noi a formularne delle migliori da soli.
Non sono più propenso a confrontarmi con persone che rinunciano a farsi attraversare dai propri “fotoni”:“…..ed è da lì che passa la luce.." ed è così che solo alla fine L. Cohen ci invita alla speranza.
Nota finale:
Purtroppo i due disegni dei fotoni di Renato Palmieri bisogna immaginarli in movimento ( se andate sul sito ("repalmei fotone" sotto) li vedrete in movimento e rendono di più quello che vi sto proponendo qui come riflessione. Il primo con rotazione oraria ed il secondo antioraria. Dal centro della stella parte il primo cerchio che trasla su un raggio della stessa ed a seguire gli altri due in maniera a spirale. - Dante nel canto XXXIII del Paradiso della divina Commedia osserva finalmente Dio (la luce), grazie all'intercessione di Maria alla quale San Bernardo (guida di Dante per l'ultima parte del viaggio) aveva chiesto aiuto perché Dante potesse vedere Dio e sostenere la visione del divino, penetrandola con lo sguardo fino a congiungersi con Lui, e vedendo così la perfetta unione di tutte le realtà, la spiegazione del tutto nella sua grandezza:
“……Ne la profonda e chiara sussistenza
de l'alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d'una contenenza;
e l'un da l'altro come iri da iri
parea reflesso, e 'l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri…..”
“….O luce etterna che sola in te sidi,
sola t'intendi, e da te intelletta
e intendente te ami e arridi!...”
Nel punto più centrale di questa grande luce, Dante vede tre cerchi, le tre persone della Trinità, il secondo del quale ha immagine umana, segno della natura umana, e divina allo stesso tempo, di Cristo. Quando egli tenta di penetrare ancor più quel mistero il suo intelletto viene meno, ma in un "excessus mentis" la sua anima è presa da un'illuminazione e si placa, realizzata dall'armonia che gli dona la visione di Dio, dell'amor che move il sole e l'altre stelle.
"..Qual è 'l geomètra che tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond' elli indige,
tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l'imago al cerchio e come vi s'indova;
ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.
A l'alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,
l'amor che move il sole e l'altre stelle."
Fonti:
http://xoomer.virgilio.it/repalmie/fotone.htm
http://xoomer.virgilio.it/repalmie/geomcomp.htm
http://xoomer.virgilio.it/repalmie/secondofronte.htm
http://gamblin--ramblin.blogspot.com/2008/07/linno-c-una-crepa-in-ogni-cosa.html
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