domenica 15 gennaio 2012

ALDA MERINI: SALVIAMO IL MURO DELLA SUA CASA





"LA FOLLIA E' UN SOSPIRO DI GIOIA ..VIENE SCONVOLTO DALL'IGNORANZA DEGLI ALTRI...."

ELISIR D'AMORE....PER FRAGILITA' E DONO.

Di Mauro Orlando (il mio angelo Mercuzio)

Fragilità, indifferenza e provvisorietà comune.

Nella nostra esperienza comunitaria ho messo in gioco , istruendo un processo d’amore (philìa), la stessa filosofia rea di pensare solo per conoscere invece di ricercare un modo e un senso del vivere per essere belli,buoni,giusti e felici.

Una prassi quotidiana ed esistenziale non un lavoro di cervello. Partendo dalla categoria della fragilità più che della forza…della incompiutezza che della pienezza,della molteplicità più che dell’unità.

Nella pratica,insomma, della felicità non cercata nelle teorie astratte ed eteronome ,logiche,etiche,metafisiche o religiose ma nelle autonome vie ,discipline,stili di vita che consentono di uscire indenni ed attivi dalle trappole e tagliole intriganti dell’esistenza. Ma una felicità che non è le tavole della legge mosaica o la legge morale kantiana dentro di noi ma….è “eudaimonia”…cura di sé come .ordine ed equilibrio dei vari demoni della nostra anima individuale e equilibri e giustizia della nostra vita in comune.

Per cercare in sé stessi e nelle nostre piccole e grandi comunità un equilibirio ed una armonia capaci di difenderci e ricattarci dalla fragilità della paura ,del dolore e degli squilibri delle diversità e pluralità.La “paesologia” non come una sorta di nuova o vecchia pedagogia del senso,dell’intelletto e della ragione ma una sorta di “esercizio spirituale” attraverso cui ognuno di noi trovava la sua identità (equilibrio) personale e la sua (koinonìa) comunanza sociale con gli altri.Camminare, leggere, meditare, armonizzare la giungla dei propri sentimenti e passioni,ascoltare, fare silenzio, coltivare amicizie,dialogare nella vita concreta di tutti i giorni e nella realtà effettuale .”Scolpire la propria statua” come scriveva Plotino, non per ergerla su un nuovo e d originale piedistallo di potere ma per fare e praticare , come prescriveva la scultura greca e umanistica, opera di sottrazione,di alleggerimenti di scorie per successivi svelamenti.Scappellando dal nostro marmo grezzo ed informe tutto ciò che è falso,superficiale ed inutile che ci si è attacato col tempo culturale al nostro corpo e anima e liberare l’essenziale armonico di quel che noi veramente e autenticamente siamo.

Recuperare con questa esperienza anche il senso vero della filosofia non come attività puramente teorica e speculativa ma di recupero-svelamento (alethèia) dell’idea aurorale di filosofia come conversione umanistica,guarigione ,prassi di sanità-armonia mentale. ”Fare il proprio volo ogni giorno” senza abbandonare la nostra specificità di esseri umani terrestri,”..Almeno in momento che può essere breve, purchè sia inteso.

Ogni giorno una esperienza umana e territoriale come un “esercizio spirituale”, da solo o in compagnia di una persona che vuole parimente migliorare. Uscire dalla durata. Sfozarsi di spogliarsi della proprie passioni, delle vanità, del desiderio di rumore intorno al proprio nome. Fuggire la maldicenza. Deporre la pietà el’odio. Amare tutti gli uomini liberi.

Questo sforzo su di sé è necessario, questa ambizione giusta” (Pierre Hadot) .Le idee e i concetti di questo studioso del mondo greco mi hanno fatto pensare al senso che noi vogliamo dare alla parola “rivoluzione” nella nostra esperienza comunitaria e provvisoria: “ rendercene degni” oltre che “immergerci interamente nella politica militante,nella preparazione della rivoluzione sociale”.Fragilità e provvisorietà ci aiutano non solo a resistere ma soprattutto ad essere modernamente consapevoli ed attivi.

E’ l’indifferenza il peggiore dei sentimenti freddi che ci costringe in una solitudine arida e pietrificata, che nulla ha a che fare con la solitudine interiore, creatrice che riscopre la semplicità ela bellezza, ama il silenzio non come rinuncia ma come ricchezza e non ci costringe all’isolamento..Nella indifferenza si inaridisce e si esaurisce una qualsiasi comunità provvisoria interpersonale o di destino che riuscirebbe per incanto anche a rendere vivibile e degno di pensiero…. una vita vissuta anche nella dolore, al margine, nella provvisorietà ,nell’angoscia ,nella sofferenza o nella disperazione per contrastare un nihilismo disperato verso un confortevole passato o un inquietante futuro.

Una vita degna di essere vissuta per la sua naturale vitalità e che vede anche solo nel dono gratuito della amicizia (philìa) un possibile superamento dei labirinti consapevoli e inconsapevoli del nostro ego che ci possa far vivere anche il dolore e la sofforenza ,la fragilità, il morire e il nascere nostro ed altrui come qualcosa che ci interessa molto da vicino come un destino comune anche in cui siamo coinvolti anche noi.

Una comunità del cuore che va oltre la comunità di cura o di lotta in cui siamo capaci di capire e convivere come nostra anche la fragilità, la difficoltà, la sofferenza degli altri. Un destino comune come esperienza complessa,difficile, affascinante ma anche inquietante. In questo senso mi inquietano e mi affascinano le parole profonde e sofferte della Elda e nel mio caso mi incitano a continuare con testardaggine e ripetitività a vederle necessariamente inserite nel percorso della nostra esperienza comunitaria in Irpinia anche a costo di testate di incomprensioni , dolorose e insopportabili.

Per non cadere in un solipsismo nobile e degno che non ci costringe ad inventare,sognare e cercare vie di uscite dignitose in un mondo culturale e politico che ha perso il bandolo umanistico della suo essere vivibile.Ed ho pensato ad un riferimento umano e storico che mi confortasse non solo con bellissime e profonde parole ma con azioni e fatti storici che veramente hanno determinato situazioni e cambiamenti “rivoluzionari” interiori ed esteriori…..

Tratto da :

http://elisiramore.blogspot.com/2011/12/elisir-damore-perla-fragilita-e-il-dono.html

di Mauro Orlando (Mercuzio, il mio angelo custode )

SOGGETTI SMARRITI: La comunità …inoperosa.

di Mauro Orlando

La parola magica ….è inoperosità comunitaria . Se abbiamo scelto la parola «comunità», ci accorgiamo che essa è riconducibile, in definitiva, ad un duplice senso: ciò che è in comune ed essere-in-comune.. L’essere-in-comune rappresenta la modalità di esistenza del libero individuo che partecipa direttamente, insieme agli altri, a ciò che è in comune. . L’essere-in-comune è appunto riferito ai componenti della comunità. Ma gli stessi componenti, sebbene fondamentali per l’esistenza della comunità, possono essere gli artefici di un ribaltamento dialettico un cambiamento di visione che li deve condurre da una modalità disgregativa a una aggregativa.

È una dimensione plurale della comunità in cui la “molteplicità” fa intravedere una dimensione in cui la persona non è separata dalla vita, o da se stessa, ma coincide con essa in un sinolo inscindibile di forma e forza, di esterno e d’interno, in cui il soggetto è finalmente norma a se stesso e non deve nulla ad istanze trascendentali o trascendenti.

In altre parole, un unicum, o singolarità, che coniuga il singolare e il plurale nella stessa persona.. Ed ecco allora il paradigma o la categoria originale e diversa della provvisorietà e ….della inoperosità. L’improduttivo spazio e tempo dell’inoperoso non è delimitabile da un opaco dispositivo di miscelazione di desideri arcani, pulsioni di fuga, resistenze inerziali, eremitaggi esistenziali, silenzi e rifiuti assoluti, immobilismi estremi. Volendo far uso di un lessico più squisitamente filosofico, possiamo peculiarmente qualificare l’inoperoso come la prevalenza dello stare dell’essere sul divenire dell’essere: esso è il sottrarsi giocato contro l’esporsi. In tal senso, è la faccia speculare del potere: l’abbandono simmetrico alla cattura.Noi vorremmo scongiurare l’abbandono delle emigrazioni,le fughe nella propria autosufficienza intellettuale o sociale,la cattura nelle neoideologie postmoderne del “fare” come variabile indipendente della producibilità umana universale e necessaria.

Dobbiamo pensare per non disperare che possa esistere o essere pensata una possibile nuovo modo di fare economia.Si parla di economia ‘noetica’. Una possibile nuova situazione in cui le visioni, i miraggi, le speranze segrete e inconfessabili, le introflessioni integrali, i mutismi e gli arresti incondizionati, le resistenze estreme e l’estrema inarticolazione dell’inoperoso diventano la prassi possibile per vivere e pensare “i piccoli paesi” dell’abbandono, e dei “terremoti”,delle emergenze o delle urgenze naturali o meccaniche.

Essa, grazie alla sua razionalità metapoietica, fa dell’inespresso,del fantasioso,del sogno e del non pianificabile il suo oggetto perspicuo, che non lega le proprie sortie le sue finalità alla esplosione consumistica e sublimazione riproduttiva . L’inespresso e l’inarticolato non necessariamente devono essere letti nell’ottica sublimato, modificato e riprodotto. Attenti e sospettosi che anche l’inoperosità può essere trasformata in mercato operoso che mette in scena il fantasmagorico teatro della fruizione consumistica dell’inespresso.

Che l’inerzialità, l’inespressività e l’inappagabilità dei desideri possono diventano sempre riproducibili, attraverso sequenze/figure immaginifiche: replicanti che si spacciano per mutanti. In queste condizioni inedite e nuove rifiutarsi di pensare che non v’è alcuna speranza di poter ingabbiare anche l’inoperosità nel ciclo o della salvezza o nell’orizzonte della linea di fuga.

http://comunitaprovvisorie.wordpress.com/2012/01/12/inoperosita-e-decrescita/

di Mauro Orlando

martedì 10 gennaio 2012

“INGRESSO VIETATO: EMERGENZA PEDIATRI AL RUMMO DI BENEVENTO”

AAA CERCASI PEDIATRI



ALL'OSPEDALE RUMMO DI BENEVENTO






Proviamo Ed Organizziamoci per il piano "*emergenza pediatri*",
Sabato 7 gennaio Siamo stati al Ospedale Rummo con i nostri clown per fare il solito “giro visite” nel reparto di pediatria dove andiamo da Ottobre del 2010, con un progetto di volontariato deliberato ed approvato dalla Direzione Generale dell’Azienda G. Runno di Benevento, ma il reparto di pediatria l’abbiamo trovato “chiuso”.


Alcuni di noi hanno la pessima abitudine di tendere a vivere “fuori” da questo “mondo” e quindi di scoprire cosa succede solo quando ci si va a sbattere con la faccia nella porta chiusa della pediatria che ci comunica direttamente la notizia. Ci siamo rivolti al citofono ma non ci ha risposto.

Chiedendo in giro, siamo riusciti a rintracciare uno dei pediatri ed il primario del reparto. Abbiamo discusso a lungo con loro: il problema è la “mancanza di personale medico: pediatri”. Il primario ci ha detto: "se mi portate 1 pediatra domani, riapriamo". Pare insomma che solo 1 basti, dei colloqui che fino ad ora hanno fatto per i 2 posti disponibili e necessari a riaprire il reparto (non?) sia andato a buon fine.


Ma dove vanno ora tutti i bambini prima destinati al reparto? Dei 18letti prima disponibili, ora ne hanno arrangiati 4 vicino il pronto soccorso, per emergenze e non per la degenza. Gli altri purtroppo devono arrangiarsi cercando posto tra gli 8 del Fatebenefratelli, da privati o in altre province. Amareggiata, una delle dottoresse pediatre ci esprime il suo disappunto nell'aver percepito scarsa partecipazione attiva da parte dei cittadini di Benevento. Io mi domando invece quanta rilevanza sia stata data dai media questa notizia. Si forse IL MATTINO e chi altri ancora?

Il reparto ha chiuso prima del previsto, il 31 dicembre 2011, per l'esattezza. In verità qualcuno c’è l’aveva anche un po’ preannunciato, ma eravamo scaramantici.


Nel frattempo che facciamo? E, così, abbiamo pensato: quale occasione migliore, essendo già lì, per raccogliere informazioni ed organizzare una "emergenza pediatri" ?.. Così abbiamo appuntato tutti i nomi ed i numeri utili che un pediatra in cerca di lavoro qui a Benevento possano servire per fare un colloquio ed eventualmente trovare un nuovo lavoro.


L'evento "emergenza pediatri" potrebbe rientrare perfettamente in linea con una "manifestazione clown" che discutevamo di fare circa quest'argomento, quando si pensava ci fosse ancora tempo, che il reparto non avrebbe forse chiuso prima di febbraio. Lo scopo dichiarato è sensibilizzare i cittadini per informarli e renderli partecipi di cosa sia successo, perché loro possano aiutare a divulgare la notizia e contattare un pediatra in cerca di lavoro qui a Benevento.

Ma è possibile fare ancora interventi in corsia al Rummo ora che il reparto non c'è più? “Si!”, noi continueremo i nostri "GIRO VISITE" e manterremo aperto il nostro "AMBULATORIO DI COCCOLE" nelle 2 stanze che hanno improvvisato nel reparto "emergenze pediatriche" e, a detta loro, anche nei reparti limitrofi semplicemente avvisando i responsabili. Nel frattempo i nostri clown “dottori” hanno approfittato del tempo rimasto per fare 2 begli interventi, anche agli addetti ai lavori, un po' abbattuti e depressi. Hanno somministrato un po’ di coccole.


Trovare questo nuovo "reparto pediatria" non è difficile, il reparto emergenze è a 100m sulla salita di fronte al bar, si riconosce dall'ambulanza (eventualmente), da una grossa scritta in rilievo e dai gradini. Una volta entrati, basta domandare all'omino incastrato nella guardiola o girare esattamente 4 volte a destra, entrando nella porta con su scritto "ingresso vietato" (fico!).

Organizziamoci per il piano "AAA CERCASI PEDIATRI AL RUMMO", per favore.


Comunità RNCD

info@radunonazionaleclowndottori.org






p.s. SE AVETE NOTIZIE CONTATTATECI O CONTATTATE IL PRIMARI

Per completamento d'informazione l'azienda ospedaliera di Benevento ha esperito alcuni bandi per l'assunzione anche per incarico di cui all'art 7 comma 6 del Dlgs 165/01 (Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.) sembra senza buon fine.

E' vero che ci sono due figure professionali di medici specializzati carenti: anestesisti rianimatori e pediatri.

Un'altro tentativo però a mia opinione andrebbe fatto da parte del Direttore Generale, non so se già esperito, è potrebbe essere quello di rivolgersi alla specialistica convenzionata di base, per poter acquisire in convenzione questa professionalità, almeno per coprire la carenza di due pediatri.

Questa è una facoltà che ogni Direttore Generale può attivare.

sabato 7 gennaio 2012

L'ITALIA SONO ANCH'IO


INFO COMITATI TERRITORIALI:

RENATO PALMIERI: STUDI UNIGRAVITAZIONALI 2012

RENATO PALMIERI: STUDI UNIGRAVITAZIONALI 2012

Lunedì 30 Gennaio 2012, ore 17.30

Gli ultimi eventi scientifici

Martedì 28 Febbraio 2012, ore 17.30


DNA naturale DNA di Olopòiema



Un riepilogo della fisica unigravitazionale




ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI

Via Monte di Dio, 14 - Palazzo Serra di

Cassano – Napoli

http://www.iisf.it

Renato Palmieri

STUDI UNIGRAVITAZIONALI 2012



Inquadramento nella storia della scienza moderna: Piergiorgio Fusco, fisico delle

particelle presso l’Università di Bari, Relazione sul libro di Renato Palmieri “La

fisica unigravitazionale e l’equazione cosmologica”, SCHERIA, Rivista


30-31, 2005-2006, pp. 45-50.
dell’ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI, anni XIV-XV, nn.





"........IN DEFINITIVA ANIMALI E PIANTE, OSSIA TUTTA LA VITA, HANNO TROVATO CON NOI IL LORO COMUNE ATTO DI NASCITA NEL GREMBO FECONDO DELLA PRIMEVA PANTHALASSA. SE INFINE SUL VOSTRO TERRAZZO AVETE UN'AGAVE O UN ALOE, DI CUI ABBIAMO DESCRITTO PRECEDENTEMENTE IL TRACCIATO IN RAPPORTO ALLA "STELLA FOTONICA" (P.217) , SIETE IN PRESENZA DI UN ANGIOSPERMA, CIOE' AL CULMINE DELL'EVOLUZIONE VEGETALE. SEGUITE QUINDI IL PERCORSO PENTAGONALE ALLORA INDICATOVI, PARTENDO DALLA BASE DELLA PIANTA: LO VEDRETE ANCORA AVVITARSI "VERSO LE STELLE", CIOE' VERSO DI VOI, SEMPRE IN SENSO ORARIO, DALLE FOGLIE PIù GRANDI E PIù ANTICHE FIN SU ALLE PIù GIOVANI. NON POTRETE, ALLORA, AVERE PIù DUBBI SULL'ATTRAZIONE AMOROSA DELL'INTERO UNIVERSO SULLA VITA CHE CI CIRCONDA."

(brano tratto dal libro di Renato Palmieri p.354/355 "la fisica unigravitazionale e l'equazione cosmologica")


domenica 1 gennaio 2012

…NUDITA' E POVERTA' PAESOLOGICA.

"La nudità non è la verità. Ne è insieme l’inquietudine, l’attesa, la cura e l’appello. Forse anche lo svestimento:
tolta la veste, occorre comprendere che tutto resta da scoprire. Può darsi che
si scopra alla fine che non c’era niente da svelare, ma ciò stesso diventa
scoperta e lezione. La nudità non è l’esito, ma l’esordio di una iniziazione,
un’apertura propedeutica alla ricerca della verità attraverso il lume naturale, come direbbe un trattato classico di metafisica” .
(J.L. Nancy)






“Derobé” il gesto di lasciar cadere, togliersi la robe di un pensiero solido che non ama gli slanci, le inquietudini, le incertezze …le nudità. Difficile per noi in tempi di crisi ‘epocali’ non solo economiche, sociali, antropologiche, direbbe Pasolini, spogliarsi di un sapere che ordina e dà
sicurezza per destrutturare un pensiero nella sua funzione di mostrarsi nel suo carattere di tensione, di mobilità, provvisorietà, di agitazione che lo avvicina ad un sentimento, una passione più che ad un atto teorico o etico che lo sovverte e lo rivoluzioni dall’interno e non solo nel linguaggio.

Nel pensiero in origine c’era un senso di passione, di sensibilità e di sessualità (eros) che lo vedeva legato all’amore come rapporto all’altro non solo singolo e nel genere. Rapporto che non è finalizzato o idealizzato a fusione e reductio ad unum’ ma ad un aprirsi conflittualmente alla differenza, un esporsi ad un’alterità che come Proteo non si lascia afferrare, ma a inquietare e sconvolgere la stessa identità. La tensione del sentimento e della passione non parte da una esigenza del legèin razionale del legare assieme le diversità come esigenza di compimento e di riempimento rispetto ad una mancanza ma ad una esigenza e finalità di relazione all’altro, differire da sé.

Svestirsi del suo ‘abitus’ razionale, occidentale è soprattutto piacere personale insieme ad un senso di privazione e di sofferenza. Educarsi ad uno sguardo paesologico “arreso” non è solo esposizione piena, “nuda e cruda” nella carne, come eliminazione di qualsiasi nascondimento autistico, poetico, letterario o filosofico individuale o corale, che nella sua esposizione ed esteriorità comunitaria si mostra meglio nella sua complessità, precarietà, provvisorietà e fragilità. E in questo modo dare senso alla sua ‘imprendibilità ed omologazione attraverso la sua ritrosia verso tutte le forme superficiali e comuni di sottomissioni al flusso necessario della modernità nelle sue facili etichettature o schematizzazioni.

Il nostro uscire da sé nel rapporto con gli altri sembrerebbe più facile e comodo nelle indicazione della paesologia a riscoprire “la grande vita nascosta nei piccoli paesi”,”un vedere senza guardare… abbassarsi all’altezza del cane, lo sguardo tipico del paesologo, e non annusare niente….una disciplina non fatta di protocolli, ogni volta si comincia da zero, non basta attraversare un luogo, ci vuole che il luogo ti attraversi. E questa è una cosa che non riesce sempre. A volte ci vuole un’infiammazione, altre volte ci vuole un senso di estraneazione.Quello
che dà vita alla scrittura paesologica non è sapere tutto di un paese, non è informarsi su di esso, non è rimanerci per poco o per tanto”.

Paesologia è imparare in continuazione a vivere e pensare nella modernità non con la “passione per frammenti oggetti, relitti di un passato ormai privo di contesto, rovine della storia ormai perdute per la storia…..nuovi silenzi “ e non si esaurisce nel recuperare un linguaggio ‘denudato e povero’ capace ancora di parlare di esperienze originali ed autentiche e di persone e cose con un vissuto motivazionale ed esistenziale nuovo ed insieme.

E’ “un sapere arreso” nel senso che non coltiva la presunzione di descrivere gli altri, le cose, la natura come una cultura, una sociologia, una antropologia, una storia ….un sapere e una paideia oggettiva e prescrittiva e nemmeno come “avanzi di un mondo di sogno” perduto e da “utopie” da reinventare o da ricercare.

La paesologia è “nudità e povertà” esposta e non politica del compimento. E’ un uscire da sé che non comporti uno svelamento, un rendersi pienamente trasparente, ma un abbandonarsi semplice e tragico all’esistenza, al suo differire da sé, e quindi al rapporto comunitario con gli altri in cui ci tocchiamo, ci parliamo, ci incontriamo senza poterci mai afferrare rinchiudendoci in una identità stabile, unitaria e definitiva.

Ogni nostro incontro o evento deve conservare necessariamente in sé la dimensione della sorpresa, del dubbio e del sospetto per una pienezza che non nasce dalla mancanza ma dalla sua
eccedenza di finito che non ha compimento e assenza di “un finale” che tutti i ‘totalitarismi’ politici ed identitari che vogliono riempire di senso il presente per trascenderlo.

A noi la presunzione e la fatica di “vivere completamente il presente” nelle sue difficoltà, complessità e varietà. Questo il ‘buon e difficile viatico” per il prossimo anno paesologico e comunitario.

Mauro orlando
Fonti: