Vi potrà sembrare un’eresia quella che adesso vi racconto, stiamo pure sotto natale, ma è storia, anzi no, archeologia delle sapienze. Già nel 2000 a.c. nell’antico Egitto il dio Set (cattivo) entra in una città sulla soma di un asino. Set (il cattivo) poi fece uccidere suo fratello Osiride (buono). Forse per questo che alcuni dei sono rappresentati con la testa d’asino ed altri con la testa del sole. La vita e la morte, il bene e il male. L’asino nella sostanza rappresenta l’unità tra il terreno e lo spirituale. Poi Iside vendicò la morte dell’amato con il figlio Horus.
"Asino d'oro" è il titolo con cui Sant'Agostino lo indicò nel "De civitate Dei" anche se non si sa bene se l'aggettivo "aureus" sia stato coniato in riferimento alle doti eccezionali dell'asino, oppure alla qualità artistica del romanzoo a doti morali insite nella storia del protagonista. Insomma l’asino con capacità di "metamorfosi". E, si gioie e dolori per l'asino perché alla fine è stato considerato quasi sempre con poca dignità, utile quando c'è da lavorare; ignorante, testardo, umile, si accontenta di poco per mangiare, e nonostante tutto rimane accanto all'uomo, incurante del fatto che quest'ultimo ne ha fatto il simbolo della “sua ignoranza”. L’asino era anche messaggero di morte. La stessa divinità che vi si sedeva sopra o si metteva inginocchiata prima o poi era destinata a morire; i Greci poi lo collegavano a Saturno, in relazione con la materia, la terra, l'isolamento, la fine delle cose; godeva di venerazione perché considerato coraggioso e lo attribuivano anche al dio Marte e a Dioniso.
E, già Dionisio! Dunque, proviamo a capire meglio. L'asino potrebbe essere -simbolicamente parlando- la metafora impiegata per indicare la materia grezza, la terra, la cacca, la paglia, tutto ciò che deve subire un graduale processo di trasformazione affinché si possa 'trasformare', ovvero portare ad un livello di conoscenza, coscienza, superiore. Insomma rappresenta esso stesso la capacità di trasformare le cose anche quelle che ci sembrano inutili e dannose. In poche parole, l'asino è l'allegoria di una “maschera” per qualcosa che attende di essere portato in superficie, che giace nascosto come i minerali nelle viscere della terra, come la sapienza celata, come il nostro fuoco interiore.
Una delle più antiche raffigurazioni del Cristo, nell’arte cristiana, riproduce una figura umana con testa d’asino, crocefissa. Gli studiosi sono rimasti interdetti: Segno di schermo? O parodia. San Francesco giullare di Dio, prescriveva ai suoi seguaci di essere come gli asini. L’asino è presente nella vita di Gesù nella fuga dall’Egitto ed al momento del trionfo a Gerusalemme. Eppure l’asino è l’animale più sacrificato, più bastonato, più bistrattato tra gli animali. Non è forse un capro espiatorio? Egli rappresenta la festa, la gioia, la comprensione del passato e la nostra comica negazione del futuro o meglio di un futuro che non si è capaci di trasformare. In un antico rituale sacro l’asino diventava protagonista di feste al “rovescio”. Vestito con paramenti sacri veniva portato in processione davanti all’altare e adorato come un papa. Ecco in questo caso l’asino rappresenta anche il rovescio. Il satiro, l’incapacità dell’uomo di ridere di se e della sua ignoranza e quindi l’attribuisce all’asino.
Ecco è proprio qui che l’asino si sposa con la figura del Clown. L'Asino (d'Oro), deve fare un viaggio ai limiti del mondo. Un Viaggio avventuroso, fatto di peripezie, cadute, botte, ubriacature. Un viaggio dove è costretto a superare svariate prove per giungere alla riconquista di se stesso e trasmutarsi anche lui, come l’asino, con l'aiuto della sapienza, in un essere gioioso e felice nonostante tutte le fatiche della vita.
L’Asino, come il Clown, ha un tasso di aggressività nullo, è un testimone naturale della cultura della pace e del rispetto della natura. Una natura che oggi rischia di non essere altro che qualsiasi "ordine" imposto dall'uomo.
"Asino d'oro" è il titolo con cui Sant'Agostino lo indicò nel "De civitate Dei" anche se non si sa bene se l'aggettivo "aureus" sia stato coniato in riferimento alle doti eccezionali dell'asino, oppure alla qualità artistica del romanzoo a doti morali insite nella storia del protagonista. Insomma l’asino con capacità di "metamorfosi". E, si gioie e dolori per l'asino perché alla fine è stato considerato quasi sempre con poca dignità, utile quando c'è da lavorare; ignorante, testardo, umile, si accontenta di poco per mangiare, e nonostante tutto rimane accanto all'uomo, incurante del fatto che quest'ultimo ne ha fatto il simbolo della “sua ignoranza”. L’asino era anche messaggero di morte. La stessa divinità che vi si sedeva sopra o si metteva inginocchiata prima o poi era destinata a morire; i Greci poi lo collegavano a Saturno, in relazione con la materia, la terra, l'isolamento, la fine delle cose; godeva di venerazione perché considerato coraggioso e lo attribuivano anche al dio Marte e a Dioniso.
E, già Dionisio! Dunque, proviamo a capire meglio. L'asino potrebbe essere -simbolicamente parlando- la metafora impiegata per indicare la materia grezza, la terra, la cacca, la paglia, tutto ciò che deve subire un graduale processo di trasformazione affinché si possa 'trasformare', ovvero portare ad un livello di conoscenza, coscienza, superiore. Insomma rappresenta esso stesso la capacità di trasformare le cose anche quelle che ci sembrano inutili e dannose. In poche parole, l'asino è l'allegoria di una “maschera” per qualcosa che attende di essere portato in superficie, che giace nascosto come i minerali nelle viscere della terra, come la sapienza celata, come il nostro fuoco interiore.
Una delle più antiche raffigurazioni del Cristo, nell’arte cristiana, riproduce una figura umana con testa d’asino, crocefissa. Gli studiosi sono rimasti interdetti: Segno di schermo? O parodia. San Francesco giullare di Dio, prescriveva ai suoi seguaci di essere come gli asini. L’asino è presente nella vita di Gesù nella fuga dall’Egitto ed al momento del trionfo a Gerusalemme. Eppure l’asino è l’animale più sacrificato, più bastonato, più bistrattato tra gli animali. Non è forse un capro espiatorio? Egli rappresenta la festa, la gioia, la comprensione del passato e la nostra comica negazione del futuro o meglio di un futuro che non si è capaci di trasformare. In un antico rituale sacro l’asino diventava protagonista di feste al “rovescio”. Vestito con paramenti sacri veniva portato in processione davanti all’altare e adorato come un papa. Ecco in questo caso l’asino rappresenta anche il rovescio. Il satiro, l’incapacità dell’uomo di ridere di se e della sua ignoranza e quindi l’attribuisce all’asino.
Ecco è proprio qui che l’asino si sposa con la figura del Clown. L'Asino (d'Oro), deve fare un viaggio ai limiti del mondo. Un Viaggio avventuroso, fatto di peripezie, cadute, botte, ubriacature. Un viaggio dove è costretto a superare svariate prove per giungere alla riconquista di se stesso e trasmutarsi anche lui, come l’asino, con l'aiuto della sapienza, in un essere gioioso e felice nonostante tutte le fatiche della vita.
L’Asino, come il Clown, ha un tasso di aggressività nullo, è un testimone naturale della cultura della pace e del rispetto della natura. Una natura che oggi rischia di non essere altro che qualsiasi "ordine" imposto dall'uomo.
Ecco proprio una metamorfosi deve compiere, lo stesso Clown per cambiare la nostra “natura” materiale in spirituale. Così come l'Asino che rappresenta l'unità tra il terreno e lo sprituale anche il Clown potrà sedersi in soma ad un asino ed entrare anche lui gioioso in città, pur avendo coscienza che farà una brutta fine.
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