Quando lasciarono che il vento accarezzasse i loro sogni, la fantasia si addormentò accanto. Così gli orizzonti mutarono. E, nuvole danzarono leggere, diventando messaggere d’amore.
Gli aquiloni volarono alti soffiati dal loro respiro fino a raggiungere aquilotti saliti lassù aggrappati a fili sottili di speranza. Così, raccolsero semi di vento e li donarono alla fortuna dei gabbiani che nutrirono orizzonti non troppo lontani.
E, così con il naso all’insù salutarono i versi nell’aria, ponendoli poi vicino al dono più bello che i clown possono fare, un naso rosso al tramonto.
Ogni tramonto è un avanzare verso nuovi istanti. E, così il tempo restò infinito, perché lo raccolsero con le loro mani.
Aggrappandosi ad esso con tutte le loro forze, senza fermarlo ne temerlo, il tempo non sfuggì, e resto li fermo, immutabile, come quando lo si accoglie. E, così lo custodirono e lo curarono in vecchie sveglie e vecchi orologi, mentre avanzavano per ritornare fanciulli.
E, così che tornati bambino/a raccolsero colori di albe e tramonti. Un arcobaleno gli faceva compagnia mentre costruirono un veliero di carta, per navigare insieme su mari agitati. E, così costruendo il futuro aspettarono alla fermato del metrò che passassero altri vagoni colmi di colori.
D’un tratto sospinti da venti impetuosi, il metrò sfrecciò via dal tempo e dai colori. Spaventati giunsero naufraghi su granelli di sabbia che si attaccarono ai piedi, come formiche che non ti lasciano andare.
Ad uno, ad uno le raccolsero senza fargli del male, e le misero in due bottiglie di vetro. Due tempi, due mondi, vissuti lontani. Li dividevano più di un milione, ma che dico un miliardo di stelle, ed insieme iniziarono a contare il momento solenne, tra lo spazio e il tempo che gli era rimasto. Due, giochi che diventarono spiaggia. Così stesi alla luce solo delle stelle li dove il buio resta chiuso in un museo, si infranse un’onda di schiuma infinita che in risacca li abbracciò entrambi.
Una brezza d’un tratto si alzò asciugando il sudore della loro fantasia, spezzata a tratti da ricordi in tempeste, che rischiavano di fargli dimenticare i loro volti e le loro intenzioni di sorta.
Così guardarono nella stiva del veliero di carta, se c’era rimasto spazio a sufficienza per i loro cuori, nel mentre la bussola continuava ad indicare nuove rotte. E, pronta l'ago scoprì nuovi mari e più larghi orizzonti.
Felici si accorsero che non è finito il tempo dei sogni, e che le favole sono altra cosa. La fantasia ha sempre nuovi granelli da contare. Ed il tempo ha quanta sabbia vuoi, in questa spiaggia d’incanto, che continua a cadere in clessidra, come un dono per loro.
E così ripresero a raccontarsi con gli occhi, la fiaba di un veliero di carta.
Al sole di un giorno stranamente felice, scrutarono l’orizzonte con occhi riflessi e videro il deserto in una goccia, sola? No! Uniti per sempre nel mare.
Nel vento di un nuovo giorno la sabbia si alzò accecando il sereno sorriso, deserto in mare aperto si aprì ai loro orizzonti.
Ma il deserto ha le sue oasi, con fresca acqua che disseta ed aiuta a praticare i sogni. E, così la cercarono insieme per dare da bere all’anime che adesso ripresero a viaggiare sicure.
Fonte di cristalli, che sgorgano dal tempo. E, così diedero luce e pace ai loro dolori. Dolori del corpo che a volte spaventano. E, così si accorsero che ognuno è deserto e fonte. Dissetati non ebbero più tempo che si doni alla vita lasciati così alle loro stagioni, quando non ci sarà più tempesta nei mari e nei loro cuori.
Passarono due nuvole che versarono gocce, chiare come gli occhi di quel nuovo mare.
Nel naso rosso del tramonto il veliero di carta salpò, per raggiungere insieme il porto del cuore.
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