Come ho già ricordato in altre occasioni il nome Clown deriva dall’inglese “colono” (lo zotico . l’inurbano, insomma il contadino).
La sua storia si perde nella notte dei tempi.In un viaggio che ho fatto in Egitto nel 2000 a.c., su un isoletta nel lago di Assuan, ho incontrato un Deo, si chiamava Nanobes il deo della gioia e del sorriso. Figuratevi anche lui aveva uno strano arnese e mi dissi: “bella la tua moto del tempo … ma la mia è più potente”. L’ho rincontrato un sacco di volte anche qui in giro per l’Irpinia, lui teneva un garages del Tempio di Philae sull'isola nel lago di Assuan.
Grottaminarda nel primo seminario di paesologgia vi ho parlato di “infiniti spazi” poetici e di immaginifici spazi dell’anima nel momento che ci si guarda a specchio negli occhi, o come fa Franco in giro per i paesi, guardando semplicemente un cane, una panchina, un vecchio e semmai parlando con loro nel tentativo di “fuga” da un vuoto e solitudine infinita, ma come anche si può osservare la realtà e vedere tante altre cose immaginifiche.
Ora io sto vedendo al confine con tra oriente ed occidente, tra Campania, Puglia e Basilicata, si li proprio vicino a Cairano, una possibilità di “esplorare” un mondo da un punto di vista diverso: con gli occhi del clown all’interno del proprio contesto sociale e rurale. Come altre volte vi ho detto il clown è sinonimo di asino; paziente, testardo, unificante, ecc.
Lo stesso simbolo delle orecchie d’asino, oltre a ricordare la Fête de l’âne (Festa dell’asino), contemporanea alla festa dei folli, simboleggiavano la duplicità del pazzo: sub–umanità e sensualità da una parte; possibilità di raggiungere la verità dall’altra. Lo stesso Gesù Cristo entrò in Gerusalemme a cavallo di un’asina e un asino compare nell’evento della Natività.
Anch’io ci ho provato a Benevento. La polizia ci fermò sotto l’arco di Traiano, poi si impietosì e ci fece passare, sul lato però non sotto.
Ancora prima (di noi), nell’antico Egitto, già nel 2000 a.c., il dio Set (il cattivo) entra in una città sulla soma di un asino. Set (il cattivo) poi fece uccidere suo fratello Osiride (il buono). Alcuni dei sono rappresentati con la testa d’asino ed altri con la testa del sole.
La vita e la morte, il bene e il male. L’asino nella sostanza rappresenta l’unità tra il terreno e lo spirituale.
Lo stesso scettro che a volte i giullari di corte usavano, era un possibile simbolo fallico (come la vescica o il verro del maiale), indicava il potere del folle, cioè il suo parlar senza remore e il suo essere controfigura ridicola del re.
E, così nella storia antichissima del teatro, che si perde nella notte dei tempi, il costume del clown, riuniva i segni in particolare di due animali, l’asino e il maiale, che, nella visione allegorica medievale, rappresentavano i vizi capitali dell’accidia e della gola.
Per adornare il proprio vestito, il clown (il fool) usava spesso anche altre parti di animali, come la cresta di gallo per il cappello (coxcomb), la pelle di vitello, la coda di volpe o le piume. Ciò ricorda gli stregoni degli Indiani d’America e i loro rituali religiosi o anche le antiche spoglie sacrificali. Se andate a Montemarano c’è una figura bellissima di “travestimento” (clownesco) fatta di tutti frammenti di stoffa colorata (sono i frammenti di anime perse).
Ora ad Aquilonia c’è un bellissimo museo etnografico della cultura contadina e ci sono tante storie che i personaggi e le cose del museo (contadini, scarponi, oggetti, riti e miti) potrebbero raccontare a partire dal far rivivere nella “traduzione” odierna le “tradizioni” di clowneria contadine del passato.
Ecco la “squola” di clown che immagino è un po’ un tentativo maldestro, è una non “squola” nel senso di “confine”.
E’ un viaggio “interiore” fuori dalle rotte abituali.
Un viaggio sia “Alla ricerca del nostro clown….” ma come sempre dico ”…. se troviamo qualcos’altro va bene lo stesso!” che va alla ricerca del contadino, dello zotico, e lo faccia parlare oggi nel proprio contesto sociale e rurale.
Il giullare il clown che torna dalle corti, dopo essersi rotto le scatole, più affamato di prima e che comprende che il suo viaggio inizia adesso dal “ritorno”.
Insomma abbiamo fatto uscire il clown dalle campagne (clowns: colonus, clunni) per scendere nelle corti del potere, per un guadagnarsi un tozzo di pane e poter mangiare, ma lui si è accorto che non è servito a niente.
Ora, così, lo facciamo ritornare nella campagna a parlare e guardare questo mondo che aveva lasciato stavolta con gli occhi di chi non ha più niente da perdere e comprende che deve ricominciare da qui.
E, così fa. E, attraverso “magie gentili”, fa rivivere gli attrezzi del museo, le forme artigianali mummificate a testimoniare che si può rinascere dopo la morte “traducendo” le tradizioni del raccontarsi nuove storie fantastiche che sembra non più possibile “tradurre”.
Il Clown credo che possa essere un “traduttore” per la trasformazione di una comunità. Una comunità che ci siamo persi ma che possiamo ritrovare. La via è quella del cerchio, quella del cuore per intenderci.
Ecco dentro queste considerazioni c’è una forte spinta emotiva che mi fa vedere Aquilonia e la stessa immensa disponibilità dell’Assessore Enzo Tenore (assessore? ma, fa sesso a tutte le ore? Mah!) come buona premessa per partire con la mia moto del tempo in questo altro viaggio ai confini del mondo….
Mio padre che faceva l’autista di camion mi diceva sempre: “non è importante la meta ma il viaggio anche perché quando arrivi ti accorgi che stai lì già ad aspettarti da un pezzo.”
Ops dimenticavo ….. e così… Philae? Philak, Pilak o P’aaleq in egiziano significa: posto remoto o la fine o isola all’angolo. Beh, chi sa se Aquilonia faccia angolo con Cairano(?)
Questo post è stato pubblicato anche su COMUNITA' PROVVISORIA:
http://comunitaprovvisoria.wordpress.com/2010/02/19/la-%e2%80%9csquola%e2%80%9d-di-clown-ad-aquilonia/
IL CONTESTO RURALE
IMMAGINATE UNO SPETTACOLO DI CLOWN SU QUESTA RAPPRESENTAZIONE DELLE GALLINE NEL POLLAIO
POI CI SONO I "PERSONAGGI" VERI DI FEDERICO FELLINI (GRAZIE MERCUZIO PER AVERMELO RICORDATO)
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