Lo sapevano da tempo i nostri antenati, lo hanno scritto molti scienziati, Norman Cousins in “VOGLIA DI GUARIRE” ce l’ha raccontato e si è pure salvato la vita da solo, uscendo dall'ospedale dove era stato ricoverato con una prognosi a tre mesi di vita, e scegliendo di curarsi da solo, (ricordate Heidegger ci parla della "cura autentica" e delle "cura inautentica") "ricoverandosi" in una pensione e sparandosi dosi massicce di vitamina C ed ore di film comici, e adesso ve lo annunciamo anche noio!!!
Ci voleva la prova scientifica e finalmente è arrivata proprio in questi giorni da una ricerca fatta dall’Università di Udine che ha utilizzato anche uno speciale software di una Risonanza Magnetica ad Alta Campo Funzionale che ha registrato come la parte frontale del cervello modifica le proprie reazioni agendo anche sul sistema limbico.
Insomma, l’effetto placebo sia per somministrazione di sostanza farmacologica che non, funziona per d’avvero.
Lo studio dell’Università di Udine è stato realizzato su 31 volontari nei quali il dolore è stato indotto. Nell’esperimento è stato rilevato anche l’effetto così detto “memoria”, nel senso che se c’è stata una precedente esperienza funziona ancora meglio, non deriva da una semplice suggestione psicologica (che il paziente crede di provare meno dolore) ma deriva da una modifica delle reazioni corticali del cervello (parte pre-frontale) sia per effetto farmacologico che non.
Inoltre i risultati di un'altra sperimentazione a doppio cieco svolta dall'Universita di Uppsala (Svezia) hanno mostrato che la risposta al trattamento placebo era associata a una ridotta attività dell'amigdala, regione cruciale per l'elaborazione delle emozioni.
Lo studio dell’Università di Udine è stato realizzato su 31 volontari nei quali il dolore è stato indotto. Nell’esperimento è stato rilevato anche l’effetto così detto “memoria”, nel senso che se c’è stata una precedente esperienza funziona ancora meglio, non deriva da una semplice suggestione psicologica (che il paziente crede di provare meno dolore) ma deriva da una modifica delle reazioni corticali del cervello (parte pre-frontale) sia per effetto farmacologico che non.
Inoltre i risultati di un'altra sperimentazione a doppio cieco svolta dall'Universita di Uppsala (Svezia) hanno mostrato che la risposta al trattamento placebo era associata a una ridotta attività dell'amigdala, regione cruciale per l'elaborazione delle emozioni.
Tuttavia, la ridotta attività dell'amigdala si riscontrava solo in quei pazienti caratterizzati da due copie della variante G del gene TPH2.
In pratica il polimorfismo del gene TPH2 sarebbe un predittore significativo della risposta al placebo e sarebbe associato a miglioramenti significativi dei sintomi ansiogeni.
Per la prima volta si dimostrerebbe quindi il collegamento tra la modulazione serotonergica dell'attività dell'amigdala e i benefici ottenuti con un trattamento placebo.
Ma vediamo ora che significa per noi Clown “Dottori” questo “non”.
Insomma lo abbiamo sostenuto più volte che la mente può influire positivamente sulla nostra salute, ma ora ci sono le “prove scientifiche”.
Qui occorre fare una piccola premessa per spiegare che cos’è l’effetto placebo.
Più dettagliatamente si tratta di sostanze totalmente ininfluenti a livello fisico (in pratica acqua fresca, semmai insaporite con gusti di caramelle o altri sapori del tutto innocui) che vengono utilizzate, all’insaputa dei volontari, durante le sperimentazioni di farmaci o cure naturali.
Ma vediamo ora che significa per noi Clown “Dottori” questo “non”.
Insomma lo abbiamo sostenuto più volte che la mente può influire positivamente sulla nostra salute, ma ora ci sono le “prove scientifiche”.
Qui occorre fare una piccola premessa per spiegare che cos’è l’effetto placebo.
Più dettagliatamente si tratta di sostanze totalmente ininfluenti a livello fisico (in pratica acqua fresca, semmai insaporite con gusti di caramelle o altri sapori del tutto innocui) che vengono utilizzate, all’insaputa dei volontari, durante le sperimentazioni di farmaci o cure naturali.
Tuttavia accade che molto spesso, a livello psicologico, i placebo funzionano proprio come i farmaci dando risposte fisiologiche reali ed inaspettate.
In pratica quest’ultima ricerca dell’Università di Udine ha chiarito - come già accennato in precedenza - il vero volto delle sostanze placebo: tutt’altro che farmaci terapeuticamente inattivi, ma che il cui effetto sarebbe basato "non solo" sulla sola suggestione psicologica del paziente che crede in quella cosa, ma con dati fisiologici concreti.
Proprio per questo alcuni ricercatori hanno iniziato da anni a prestare attenzione alla cosi detta “variante placebo” che, molto spesso, come sostengono anche gli stessi ricercatori, può arrivare a falsificare gli stessi dati di una ricerca.
Nel frattempo un altro gruppo di ricercatori, questa volta dell’Università di San Diego, ha analizzato 167 trial clinici pubblicati su riviste scientifiche prestigiose ed affidabili e visto che in molti casi il placebo usato è a sua volta in grado di sortire qualche effetto fisico sull’organismo, hanno osservato che ciò potrebbe ridurre l’attendibilità delle stesse sperimentazioni cliniche di molti farmaci.
E qui hanno fatto anche qualche esempio: i malati di Aids sono spesso intolleranti al lattosio, quindi usare questo zucchero come placebo per studiare farmaci anti-Aids significa dare un “vantaggio” fittizio ai farmaci, cioè sovrastimarne l’efficacia perché risulterà che i pazienti che hanno assunto placebo lamentano più problemi gastrointestinali, quindi sembra che il farmaco difenda da tali problemi, quando ciò non è vero.
In altre ricerche sui farmaci per il cuore venivano testati contro placebo, in questo caso olio d’oliva o di semi.
In pratica quest’ultima ricerca dell’Università di Udine ha chiarito - come già accennato in precedenza - il vero volto delle sostanze placebo: tutt’altro che farmaci terapeuticamente inattivi, ma che il cui effetto sarebbe basato "non solo" sulla sola suggestione psicologica del paziente che crede in quella cosa, ma con dati fisiologici concreti.
Proprio per questo alcuni ricercatori hanno iniziato da anni a prestare attenzione alla cosi detta “variante placebo” che, molto spesso, come sostengono anche gli stessi ricercatori, può arrivare a falsificare gli stessi dati di una ricerca.
Nel frattempo un altro gruppo di ricercatori, questa volta dell’Università di San Diego, ha analizzato 167 trial clinici pubblicati su riviste scientifiche prestigiose ed affidabili e visto che in molti casi il placebo usato è a sua volta in grado di sortire qualche effetto fisico sull’organismo, hanno osservato che ciò potrebbe ridurre l’attendibilità delle stesse sperimentazioni cliniche di molti farmaci.
E qui hanno fatto anche qualche esempio: i malati di Aids sono spesso intolleranti al lattosio, quindi usare questo zucchero come placebo per studiare farmaci anti-Aids significa dare un “vantaggio” fittizio ai farmaci, cioè sovrastimarne l’efficacia perché risulterà che i pazienti che hanno assunto placebo lamentano più problemi gastrointestinali, quindi sembra che il farmaco difenda da tali problemi, quando ciò non è vero.
In altre ricerche sui farmaci per il cuore venivano testati contro placebo, in questo caso olio d’oliva o di semi.
Ma adesso si sa che l’olio riduce il colesterolo cattivo e quindi questo trial potrebbe aver portato a una sottostima degli effetti dei farmaci nel proteggere il cuore.
Ma non è tutto, il problema, sottolineano questi ricercatori, è che non ci sono regole, nessuno stabilisce quale placebo bisogna usare e quale no, e per di più in molti casi non è resa nota l’identità del placebo usato.
A questo punto un altro ricercatore dell’Università di Oxford Jeremy Howick sostiene che ”Questo è ovviamente pericoloso per la salute pubblica poiché potrebbe portare all’uso di terapie inefficaci, e impedire invece di riconoscere e portare sul mercato quelle efficaci”.
Anche una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali “The Lancet” ha pubblicato di recente uno studio di un altro ricercatore, Damien Finniss della Sydney Medical School dell'Università di Sydney sull'effetto placebo.
Sono due le osservazioni principali che emergono dal lavoro di Finniss. Anzitutto il placebo è un effetto fisiologico genuino di cui sono almeno in parte note le basi biologiche.
Inoltre, nota il ricercatore australiano, questo fenomeno è comunemente usato dai medici nel trattamento di una vasta gamma di disturbi.
Vista la diffusione della pratica Finniss solleva in questo caso una questione etica: "è giusto mandare a casa un paziente ignaro dopo avergli somministrato poco più che una caramella?"
"L'effetto placebo è un genuino fenomeno psico-biologico attribuibile al contesto terapeutico nel suo complesso", osserva Finniss, e ciò significa che dipende non solo dalla convinzione del paziente riguardo l'efficacia di un trattamento, ma forse soprattutto "dall'ambiente medico" in cui viene somministrato, nel senso che l’ambiente lo stesso ospedale deve realizzare un contesto di fiducia e di speranza (aggiungo gioiosa) di vita.
E qui è la parte del “non solo" (sostanze) a cui facevo riferimento prima, ed è quindi importante alla luce delle osservazioni e ricerche scientifiche qui riportate costruire "ambienti salutari" insommza è importante creare un giusto contesto aggiungo io qui: “colorando la vita”.
Infatti è vero anche che alcuni studi dimostrano che un'iniezione fatta da un medico o da un bravo infermiere è fino al 50 per cento più efficace rispetto a un'iniezione eseguita in maniera automatica e semmai controllata da un computer.
A questo punto un altro ricercatore dell’Università di Oxford Jeremy Howick sostiene che ”Questo è ovviamente pericoloso per la salute pubblica poiché potrebbe portare all’uso di terapie inefficaci, e impedire invece di riconoscere e portare sul mercato quelle efficaci”.
Anche una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali “The Lancet” ha pubblicato di recente uno studio di un altro ricercatore, Damien Finniss della Sydney Medical School dell'Università di Sydney sull'effetto placebo.
Sono due le osservazioni principali che emergono dal lavoro di Finniss. Anzitutto il placebo è un effetto fisiologico genuino di cui sono almeno in parte note le basi biologiche.
Inoltre, nota il ricercatore australiano, questo fenomeno è comunemente usato dai medici nel trattamento di una vasta gamma di disturbi.
Vista la diffusione della pratica Finniss solleva in questo caso una questione etica: "è giusto mandare a casa un paziente ignaro dopo avergli somministrato poco più che una caramella?"
"L'effetto placebo è un genuino fenomeno psico-biologico attribuibile al contesto terapeutico nel suo complesso", osserva Finniss, e ciò significa che dipende non solo dalla convinzione del paziente riguardo l'efficacia di un trattamento, ma forse soprattutto "dall'ambiente medico" in cui viene somministrato, nel senso che l’ambiente lo stesso ospedale deve realizzare un contesto di fiducia e di speranza (aggiungo gioiosa) di vita.
E qui è la parte del “non solo" (sostanze) a cui facevo riferimento prima, ed è quindi importante alla luce delle osservazioni e ricerche scientifiche qui riportate costruire "ambienti salutari" insommza è importante creare un giusto contesto aggiungo io qui: “colorando la vita”.
Infatti è vero anche che alcuni studi dimostrano che un'iniezione fatta da un medico o da un bravo infermiere è fino al 50 per cento più efficace rispetto a un'iniezione eseguita in maniera automatica e semmai controllata da un computer.
E, proprio questo aspetto della ricerca che ci sostiene nell'affermare la validità della relazione empatica che il clown dottore crea nel suo giro viosite con la persona adulto o bambino che sia ricoverato in una corsia di ospedale.
Se ulteriori studi confermeranno l'effetto modulatorio dell'ambiente, (è l'ambiente stupido sostiene Lipton - ricercatore e biologo americano . nel campo dell'epigenetica, in futuro sarà forse possibile somministrare una cura basata sul placebo a un paziente informato, a patto anche di creare un ambiente molto "convincente e piacevole" come se lo creo Norman Cousins.
Se ulteriori studi confermeranno l'effetto modulatorio dell'ambiente, (è l'ambiente stupido sostiene Lipton - ricercatore e biologo americano . nel campo dell'epigenetica, in futuro sarà forse possibile somministrare una cura basata sul placebo a un paziente informato, a patto anche di creare un ambiente molto "convincente e piacevole" come se lo creo Norman Cousins.
Ecco perché ...
“DICHIARIAMO ILLEGALE IL GRIGIO NEGLI OSPEDALI”
Qui la trasmissione di LEONARDO rai tv del 21 ottobre 2010 che annuncia il risultato della ricerca dell’Università di Udine:
Qui la trasmissione di LEONARDO rai tv del 21 ottobre 2010 che annuncia il risultato della ricerca dell’Università di Udine:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-f2374d45-f2ec-4ffb-bae9-18c060def361.html?56258890
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