Una delle questioni che abbiamo discusso molto in questi giorni di confronto e discussione tra i soci fondatori sui principi e scopi della nostra associazione è stata la questione della “presa in cura” o “meglio del “prendersi cura”.
“Prendersi e cura” è una questione antica quanto il mondo.
L’occasione però è importante e non va tralasciata ad una riflessione anche sui valori educativi, ciò che abbiamo imparato e/o ci hanno insegnato fino adesso, e cosa possiamo fare, o meglio come lo possiamo fare, come clown “dottori” per individuare - nella nostra azione - le modalità di “intervento”, individuata nella nostra “relazione d’aiuto”.
Nel pomeriggio di sabato 10 gennaio 2010 a Grottaminarda (AV) ho partecipato al "1° Seminario sulla Paesologia" organizzato dalla Comunità Provvisoria (Comunità alla quale aderisco e partecipo fin dalla sua costituzione avvenuta due anni fa) http://comunitaprovvisoria.wordpress.com/2010/01/09/9-gennaio-2/
per cercare anche di spiegare a tutti i "Comunitari Provissori" che centra la figura del Clown "Dottore" nella “presa in cura dei paesi” e con "la paesologia" nuova scienza (?).
Dopo aver spiegato in maniera molto sintetica le origini del Clown (il nome deriva da colonus, clunni: contadino, lo zotico, l’inurbano) colui che pensa sempre di vacche. O il significato di Pagliaccio, colui che cade con la faccia nella paglia e rischia così sempre di fare figure di merda, ho proposto alla platea dei partecipanti un breve esercizio invitando tutti a formare delle coppie e guardarsi negli occhi, nel mentre leggevo la poesia di Leopardi “L’Infinito” (provateci pure voi mentre leggete il testo della poesia):
« Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare. »
(Giacomo Leopardi, L'infinito)
…a conclusione della lettura ho chiesto loro di spiegare, con poche parole, cosa avevano provato.
Un signore "provvisorio" mi ha risposto ho: "... pensato a Recanati"; un altro amico - sempre molto "provvisorio" - mi ha risposto: "..ho immaginato uno specchio".
Ora dietro ai versi di questa poesia c’è una presa in cura di sé.
Per Leopardi il desiderio di piacere è destinato a rinnovarsi; ricercando sempre nuove sensazioni, scontrandosi inevitabilmente con il carattere provvisorio della realtà, per terminare al momento della morte.
Secondo questa teoria (teoria del piacere), espressa pure nello Zibaldone, l'uomo non si può appagare di piaceri finiti, ma ha necessità di piaceri infiniti nel numero, nella durata e nell'estensione: tali piaceri, però, non sono possibili nell'esperienza umana. Questo limite, tuttavia, non persiste nel campo dell'immaginazione, che diventa una via d'accesso ad un sentimento di piacere (espresso nell'ultimo verso della poesia di Leopardi) nella fusione con l'infinità del mare dell'essere.
Nella sostanza il piacere avviene attraverso un movimento dell’anima uno specchiarsi nella siepe vedendo al di la di essa, oltre i confini stessi, della realtà e dell’immaginazione. L'Infinito, nella visione leopardiana, non è un infinito reale, ma è frutto dell'immaginazione dell'uomo e, quindi, da trattare in senso metafisico, e non solo. Oggi possiamo anche dire (in maniera scientifica) che può cambiare davvero la realtà.
“Non è la volontà che può mettere in moto le enormi forze che sono dentro di noi, ma la nostra immaginazione”.
Emile Coué, farmacista francese, così ci indicava una strada, molto più potente di una medicina o della stessa volontà, ed oggi sappiamo che la stessa immaginazione può “prendersi cura”, come ogni cambiamento di pensiero può agire sul livello biologico, sulla chimica del nsotro corpo.
Se cambio il mio punto di vista cambia la mia realtà (?).
Dietro queste tecniche ci sono oltre diecimila anni di storia: dai Maya, alle tecniche di meditazione orientali, o le filosofie e nella stessa religione islamiche le varie anime come nel caso dei Sufisti, o dagli Egizi agli Esseni, ecc.
E, già gli specchi (Esseni).
Oggi persino ricerche nel campo delle neuroscienze stanno dimostrando di quanto sia vero è possibile vivere quello che ha vissuto "Alice nel paese delle meraviglia" è incantati anche noi dagli specchi, o dallo specchiarci in un laghetto, possiamo anche immaginarci un infanzia felice, così come lo stesso Leopardi fece quando si specchiò nella siepe. Egli separò il passato dal futuro, come Mosè separò le acque perchè solo "nel mezzo del cammin di nostra vita" posso realizzare un immaginario ed infinito presente.
E copsì dopo aver parlato, parlato, parlato e poi parlato ancora di sogni ad occhi aperti e di come praticare questi sogni, alla fine abbiamo almeno convenuto che uno degli strumenti cardini è l'utopia e che certamente la stessa l’immaginazione può cambiare la realtà e quindi, si può definire un metodo che è nel suo insieme "fuga e lotta".
Tutto l’universo e noi siamo energia, tutto è in movimento.
Una recente ricerca di alcuni scienziati Russi hanno accertato che le parole e le frequenze ( i colori della voce) possono influenzare e riprogrammare il DNA umano che è un Internet biologico, superiore sotto molti aspetti a quello artificiale, e spiegano quindi anche indirettamente l'influenza della mente su di noi e sulla natura in cui siamo immersi.
Attualmente la nostra scienza pensa che solo il 10% del nostro DNA viene utilizzato per costruire le proteine, mentre l'altro 90% è considerato “DNA rottame”, i ricercatori russi sono convinti invece che tutto il DNA è utilizzato dalla natura, sia come memorie per la costruzione del nostro corpo e sia come magazzino di informazioni e per la comunicazione dentro e fuori dal nostro corpo.
La struttura del DNA vivente reagisce sempre ai linguaggi codificati trasmessi tramite onde di vario genere, che non sono altro che un codice espresso in frequenze, naturalmente tutto questo funziona solo se si utilizzano le frequenze appropriate, nel senso che bisogna sapere “sintonizzarsi”.
Tale fatto risaputo da millenni, come dicevamo prima, (avendo coscienza che le forme priomordiali della natura sono il cerchio e le spirali), ora può essere provato e spiegato anche scientificamente e ci spiega anche perché l'educazione autogena, l'ipnosi o ad esempio i movimenti oculari (antica filosofia SUFI e/o cose simili), possono avere forti effetti su di noi non solo sul campo psicologico ma anche biologico: eliminando le false credenze.
Gli scienziati russi hanno anche scoperto che il nostro DNA può causare modelli di perturbazione nel vuoto, producendo “cunicoli magnetizzati”. Insomma anche da questa ricerca si evince il fatto su come funziona e comunica tutto l’universo: a pulsazioni che producono onde, vibrazioni, frequenze, armonici, assonanze, dissonanze, ed ancora dell’importanza della componente geometrica come traccia di base per la comprensione della struttura fine della materia (i campi morfogentici di Schaldrake).
Qui il nostro amichissimo Renato Palmieri di Napoli ci ha aiutato anche a fare la "quadratura del cerchio" con la matematica e geometria Pitagorica, trasformando in teorema il V postulato di Euclide.......
..tu forse intendi , questo viver terreno
E tu certo comprendi
Il perché delle cose
Dico tra me pensando:
a che tante facelle?
Che fa l’aria infinita e quel profondo
Infinito sereno? Che vuol dire questa solitudine immensa?
Ed io chi sono?
...E, qui mi faccio aiutare ancora da Leopardi.
Ora leggendo anche questi versi mi chiedo, sul nostro senso dell’agire oggi (ruoli e funzioni) e sugli obiettivi e le strategie della cura, da quale punto di vista scientifica vediamo questo assunto ?
Ripeto: l’oggetto della discussione è il “prendersi cura”.
Dal punto di vista dell’amico che mi ha risposto "..ho visto Recanati"; o dal punto di vista dell’altro amico che mi ha risposto: "..ho immaginato ..uno specchio." (?)
Lo stesso Clown è uno specchio dell'anima? E, se il corpo è lo spirito perchè in esso si è fatto carne la nostra realtà è il corpo e il nostro pensiero è illusione?
Dico ciò avendo coscienza che ci sono ancora altri e tanti diversi punti di vista o livelli di approcci (di pensiero) rispetto al concetto di "prendersi cura" e che in via di principio sono pure tutelati dalla nostra Costituzione.
Quindi nel “prenderci cura” di noi stessi come Clown “Dottori” e come “uomini di medicina” dobbiamo essere coscienti che abbiamo bisogno di comprendere di cosa abbiamo bisogno veramente per vivere meglio e se per fare ciò, abbiamo bisogno ancora di sapere. Se abbiamo bisogno di sapere significa che dobbiamo imparare e per imparare significa che non sappiamo ancora e quindi ci dobbiamo porre in maniera aperta rispetto al desiderio di imparare cio vuoti.
Solo da qui nasce un sapere (tecnico), alrimenti il rischio insito in questa cosa è di farci solo portavoci di un sapere che si trasforma in egemonia di potere quel potere di cui parlava Foucault, e di come esso può essere utilizzato. Cero questo è ruolo dei professionisti: medici e psicoterapeuti, infermieri e terapisti vari e di tutti gli operatori socio sanitari, ma essi sono stati "educati" sulla base di alcune conoscenze questo anche è risaputo.
Ora, avendo coscienza che l’arte e la scienza sono due componenti dello stesso Clown “Dottore”, le stesse sono il frutto dell’osservazione della natura che già le contiene e che i diversi punti di vista possono portarci a considerazioni diverse opzioni come nel caso prima dei due amici.
Quindi l’augurio che faccio a noi stessi, più che invito, resta qeullo che dovremmo tutti essere capaci di interrogarci sugli obiettivi e le strategie di cura del XXI secolo, alla luce anche di nuove ed importanti osservazioni scientifiche: dalla PNEI, alla Biologia Totale e nel campo delle neuroscienze.
In proposito curare oggi significa fare un percorso all’interno dell’approccio ad un “senso di cura” che è radicata nella “esistenza”, considerato che "la malattia è una metafora della vita".
Quindi la cura è radica anche nell’esistenza, degli stessi ruoli e percorsi professionali che hanno dato al senso di cura “uno stare tra…limiti e confini ben definiti” nel mentre oggi ci si affaccia sempre più ad osservare la necessità (naturale) di andare oltre la siepe, avendo coscienza che il campo delle medicine integrate resta il futuro della "presa in cura" delle persone in rapporto ai diversi sistemi terapeutici che se pur antichi come il mondo, andrebbero riscoperti ed osservati da un altro punto di vista, anche alla luce delle nuove conoscenze.
E, quindi c’è necessità di uscire fuori dai confini, fuori dalle rotte abituali, di affidarsi di più agli specchi dell’immaginazione e dei saperi e degli stessi interventi realizzati con modalità anche "non scientificamente" provate. La leggittimità del dubbio.
"Contro il metodo" Paul Feyrabend spiegava qual'era la sua "visione": "la scienza beneficerebbe maggiormente da una tendenza all'anarchismo epistemologico" ma qui è richiesta anche una capacità di confrontarsi con il dubbio (che non tutti hanno) e quindi semmai della possibilità di sperimentarsi, mettersi in gioco.
Il senso del "prendersi cura" quindi può assumere significati diversi da chi lo uso o da chi lo legge.
Il termine anglossassone “to cure” e “to care” dove il primo significa “curare” (guarire una malattia) ed il secondo (therapeiuen) che significa “prendersi cura” della persona nella sua interezza , si concentra e valorizza le capacità attive della persona.
Lo stesso approccio “terapeutico” dell’attività del Clown “Dottore” che per un dato momento si “prende cura” della persona, in una corsia di ospedale o in altri contesti del disagio sociale, si pone di fronte alla persona non come se essa fosse una persona malata, ma come ad una persona e basta, cioè si pone difronte alla sua parte sana. Ovvero privilegiando ciò che uno ha e non ciò che manca.
Ecco il Clown "Dottore" come Leopardi, attraverso la sua immaginazione svolge lo sguardo oltre siepe e non ha paura, in quei luoghi dove infiniti spazi ed universi si possono aprire alla nostra vista.
Alla “cura preventiva”?
Qui ricorro alla filosofia di Heidegger, per intendere la cura come apertura verso se stessi, gli altri e verso il mondo, avendo cura di se , del mondo e degli altri.
Lo stesso Heidegger suggeriva la differenza tra “cura autentica” e “cura inautentica”, dove nella “cura autentica” il soggetto si assume direttamente la “propria cura” e per quanto possibile non la delega agli operatori, se non per capacità o funzioni totalmente compromesse (casi emergenza urgenza).
La “cura inautentica” invece Heidegger considerava il totale abbandono dell’autonomia della cura e la delega ad operatori e professionisti della cura.
Ecco spero che tutti noi siamo sul “prenderci cura” e curare nella visione più corretta e in questo senso sperimentare anche nuove vie, la via del cerchio o del clown scemano.
Nanos
Ops..dimenticavo il clown è certamente un essere che spesso si siede su una pachina ad ammirare il paesaggio....e dialoga con i poeti ed i bambini =(:0)
DIALOGO TRA IL POETA E I BAMBINI
I bambini:
Perchè te ne vai così lontano dalla piazzetta?
Il poeta:
Vado in cerca di maghi
E principesse.
I bambini:
Chi ti Insegnò la strada
Dei poeti?
Il poeta:
La fonte e il ruscello
Della canzone antica.
I bambini:
Te ne vai lontano
Dal mare e dalla terra?
Il poeta:
S’è riempito di luci
il mio cuore di seta,
di campane perdute
di gigli e di api,
e me ne andrò tanto lontano,
più in là dei mari,
accanto alle stelle,
accanto alle stelle,
per chiedere a Cristo
Signore che mi ridoni
la mia anima antica di bambino,
matura di leggende,
con il berretto di piume
e la sciabola di legno.
(Federico Garzia Lorca)
lunedì 11 gennaio 2010
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