Il clown non è una risata di derisione, ma è il rivelare se stessi per se stessi a gli altri. Questo è il motivo per cui molti hanno paura dei clowns, perché l'uomo saggio (il clown) non ride con tremore.
L’acrobata è strappato dalla tristezza del circo, ambiguo nel suo mostrarsi capace di grande acrobazie, è così umano nel suo fallimento.
Ecco! Si.... geniale!! ..Così posso “umanamente” dedicarmi ai miei fallimenti e ridere di me senza neppure più tremore di cadere.
Certo è una ricerca attraverso un’esercitazione dei propri limiti, affidata alle miei fantasie, al sogno del continuare a praticare “acrobazie”, addomesticandomi al domestico, come una tigre, una foca o addirittura una pulce?
Il mio non è un lavoro di un clown professionista, ma ogni esercizio ogni acrobazia vuole essere ricamata su miei ricordi e stati d’anima personali.
La stessa voce di "russo” è il mio stare nel sogno con rumore, quasi ad impadronirmi del mio stesso suono, respiro, voce, che non riconosco più.
La distorsione della voce, come limite del mio essere nel quotidiano lontano da tutti perché insopportabile. E, già! Non mi sopporto manco io a volte, figuriamoci gli altri!
Non è più un prendere la parole per raccontare le proprie origini, ma trasformare un proprio limite, una propria paura, e semmai riuscire a stare con gli altri.
La prima sera che sono arrivato allo stage con Jan Mening al Cerquosino i miei compagni di stanza: Cesaro Jorilis e Francesca hanno potuto verificare di persona le mie “origini internazionali” di clown… e così la mattina dopo mi hanno detto: ”Nanos ..ma tu russa!” (tutti con un accento francese, per genitilire la comunicazione).
Ed io: "Si! Tutta mia famiglia “russa”...." (con accento russo….. e loro si sono messi a ridere).
"Mio nonno russo, faceva cameriere su Orient Express, mia nonna pure lei "russa" bisticcia ogni giorno con sindaco paese perché lui non voleva dare casa più grande per sua numerosa famiglia, mio padre pure russo faceva autista di camion andava avanti e indietro in steppa con renne; solo mia madre “fiorentina” era di origine italiana. La gentilezza dei suoi tratti mi hanno sempre fatto sembrare bambolotto “russo” ...più che “matriosco”."
E, così “specchiandomi” ho beneficiato della straordinaria libertà di liberarmi dal pregiudizio delle mie origini e dei difetti del mio corpo “arrendendomi” ad esso.
E, così è nato l’acrobata Nanosecondo. Mi sono reso osservabili, comprensibile, non solo in psicologia, ma anche in biologia, e quindi nel comportamento, nelle azioni e reazioni di un clown di un circo più grande che è quello della vita.
Qui non c’è tecnica teatrale che tenga si tratta solo di un gioco. Un triangolo tra l’emozioni il corpo ed il clown, con il suo “pubblico”. Non ci può essere più nessuna parentesi, tra il dire e il fare. La stessa emozione si trasforma in gesto ed il gesto da giustificazione al corpo, ai nostri istinti per provare cosi a sedersi dentro di "sé" (ops "se" senza più nessun accento) per guardare il più bello spettacolo del mondo: se stessi.
E, così provare, nonostante tutto, a passare un'emozione, una sensazione.
Il clown così, il mio clown, non appartiene più al mondo dei burattini, anche se lo sembra in apparenza, ma è la caricatura di se stessi in un esagerato affresco a pittura bianca, rossa e nera.
Come ogni affresco così può raccontare una storia, la sua. Può raccontare la verità, per parlare delle sue più grandi aspirazioni: saltare dal punto più alto nel collant senza rete appeso solo con ad filo di nailon.
L'uomo e le sue sofferenze, d’amore.
E, semmai poi perdersi il filo del discorso ..stando per un attimo sul filo del rasoio …ed anche se le viene in aiuto Arianna si perde anche il suo filo, ritrovando solo più tardi tra i denti lasciato li da un bacio.
Arianna la sua amata non fa nulla per liberarlo. Se non dirgli fai presto devi iniziare!
"Va bene " penso “questo è buono” lo spettacolo continua!
E, così si trova un albero bello al quale si aggrappa con un nuovo filo di scozia. La storia sembra poter essere divertente, e più che convenzionale, emozionale, non c’è nessuna cattiveria? Dice il maestro! Ma tu sei troppo buono. Riflette: un atteggiamento. Ariane non è più coinvolta nel lavoro come è, così si lascia perdere nel labirinto. La segue il lavoro, note, commenti. Il ruolo di osservatore esterno, sì, ma che non esclude il dialogo pensa lui sconcertato e così si lega ad una imbracatura. Vino veritas è già quando è vero per ogni clown. D’altronde per questo i clown hanno sempre naso e scocche rosse: sono sempre imbriachi.
Lei replica, ma io non bevo. Sarebbe quasi un suggerire a fare la stessa cosa per mantenersi lucidi? Ma lo potrà mai convincere?
Ma che cosa allora sarebbe bene e cosa male per il futuro acrobata? Fare la pulce, con le loro scarpe troppo grandi, non sembra una felice idea. Sarebbe uno spettacolo grottesco. Uno spettacolo di se basato su un risultato di umorismo feroce sarebbe un clown che sradica, i suoi piedi dalla pista di un circo equestre per scendere in strada inadeguato, solo diventando goffo, grottesco, un buffone può finalmente decidere di giocare a "se fossi "o" volessi essere": inimitabile purezza e pura leggerezza per questo acrobata.
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